Bisogni Educativi Speciali

Bisogni Educativi Speciali

L’integrazione scolastica è uno dei capisaldi della scuola italiana. In questo il nostro Paese è sempre stato all’avanguardia. Si è dimostrato tale ancora una volta affrontando il tema dei Bisogni Educativi Speciali (BES).

Il gruppo classe, infatti, è estremamente variegato e non si può più parlare della dicotomia disabilità/assenza di disabilità. In particolare, i BES vengono definiti in base alla classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute.

In inglese è conosciuto come International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF). La sua nascita è stata voluta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

L’inclusione scolastica affonda le proprie radici nella normativa italiana. Nel corso dei decenni, infatti, sono stati presi molteplici provvedimenti per rendere la scuola un luogo aperto a tutti.

Uno degli esempi più recenti è la Direttiva Ministeriale 27 Dicembre 2012. Ivi si parla degli strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica.

Una tematica ampia, dunque, che merita di essere snocciolata al meglio. In tal modo, sia gli aspiranti docenti sia gli allievi potranno comprendere la maniera più adeguata per muoversi in questi contesti.

Cosa si intende per Bisogni Educativi Speciali

Dunque, che cosa si intende per Bisogni Educativi Speciali? Per spiegarlo bisogna ricordare come in Italia l’integrazione scolastica sia stata avviata dalla Legge n. 517 del 4 agosto 1977.

Da quel momento sono stati fatti passi da gigante nel settore in questione. I Bisogni Educativi Speciali possono essere manifestati per svariate ragioni. 

Non solo disabilità fisiche, ma anche problematiche relative all’ambiente sociale ed economico di provenienza. Inoltre, vengono considerati anche i fattori psicologici.

In questa visione, ogni alunno può essere definito BES con continuità o per un breve periodo della propria carriera scolastica. A tutto ciò gli istituti devono proporre delle risposte adeguate, rapide e personalizzate.

Ogni allievo, infatti, ha la propria storia alle spalle ed è giusto che venga messo al centro del piano educativo. Di conseguenza, gli istituti scolastici devono essere coadiuvati dai Centri Territoriali di Supporto.

I Bisogni Educativi Speciali, dunque, considerano al proprio interno un gran numero di svantaggi scolastici. Anche una classe multietnica può presentare delle problematiche a causa delle diverse culture. 

Ciò può essere provocato anche dall’incapacità da parte della classe di esprimersi correttamente in italiano.

In tale ottica, vengono considerate tre grandi categorie di BES:

  • disabilità;
  • disturbi evolutivi specifici;
  • svantaggio socio-economico, linguistico, culturale.

Per disturbi evolutivi specifici si vanno a intendere i disturbi specifici dell’apprendimento. Inoltre, vengono inseriti in tale categoria anche i problemi del linguaggio, della coordinazione motoria e delle abilità non verbali.

Chi sono gli alunni con Bisogni Educativi Speciali

Da quanto si è detto fino a questo momento sono ormai chiari i tratti generali degli alunni con Bisogni Educativi Speciali. Bisogna però fare alcune precisazioni indispensabili.

Gli studenti BES hanno competenze intellettive nella norma che però, a causa di svariati motivi, possono riscontrare dei problemi a scuola. 

Proprio per tale ragione, gli istituti devono adoperarsi al meglio per sviluppare tutte le loro potenzialità inespresse.

Pertanto, gli allievi che presentano le difficoltà menzionate non devono essere a carico del solo docente di sostegno. Ogni professore della classe deve partecipare all’inclusione didattica.

Per colmare le lacune presenti si ricorre al PEI, ovvero il Piano Educativo Individualizzato. Gli elementi che lo caratterizzano sono:

  • gli obiettivi educativi;
  • i metodi di valutazione;
  • le forme di integrazione.

L’approccio educativo serve a individuare le azioni migliori per concretizzare l’inclusione scolastica. In tale ottica è stata emanata la Legge n. 170 dell’8 ottobre 2010. In essa si parla delle Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico.

Qual è la differenza tra BES e DSA

Il lavoro dei docenti di sostegno è ampio poiché molteplici sono le problematiche in cui ci si può imbattere. La Legge 170/2010 menzionata in precedenza analizza dei fattori utili a far comprendere la differenza tra BES e DSA.

Nell’articolo 1 si afferma che «la presente legge riconosce la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia quali disturbi specifici di apprendimento, di seguito denominati DSA, che si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali, ma possono costituire una limitazione importante per alcune attività della vita quotidiana».

La diagnosi dei DSA deve avvenire in maniera accurata. Essa è effettuata tramite il Servizio Sanitario Nazionale. Una volta ricevuta la suddetta diagnosi, la famiglia dello studente deve comunicarlo con solerzia agli istituti di appartenenza.

Le scuole, di ogni ordine e grado, devono attivare i servizi utili per consentire il tranquillo proseguo delle lezioni e degli studi. Infatti, questo tipo di alunni possono avere la flessibilità didattica utile alla loro situazione.

Inoltre, sono doverosi:

  • una didattica individualizzata e personalizzata;
  • strumenti compensativi, tra cui possono comparire anche quelli tecnologici e informatici;
  • la possibilità di esonero qualora ve ne fosse la necessità, specialmente nel caso dell’insegnamento di una lingua straniera.

Tutto ciò concorre alla buona riuscita dell’inclusione scolastica. Ognuna di queste opzioni non va affatto scartata, ma deve essere valutata con la giusta attenzione negli interessi degli allievi.

ADHD. Disturbi di deficit di attenzione e iperattività

I Disturbi da deficit di attenzione/iperattività sono denominati con la sigla ADHD. In inglese quest’ultima indica la dicitura Attention Deficit Hyperactivity Disorder.

A dare i contorni di questi specifici casi ci pensa la normativa del MIUR con la nota Prot. N. 4089 del 15 giugno 2010

Questo tipo di problematiche, secondo quanto affermato in tale documento, è presente in circa l’1% della popolazione infantile.

Le cause sono neurobiologiche e portano alla disattenzione, ma anche alla iperattività e alla impulsività. Ciò comporta l’incapacità di controllarsi o di programmare qualsiasi cosa. Il tutto è scollegato da un deficit d’intelligenza.

Ovviamente, sono in molti i bambini o i ragazzi che presentano difficoltà nel prestare la propria attenzione per molto tempo. Chi soffre di ADHD, però, segue uno schema preciso:

  • non riescono a selezionare le informazioni per eseguire un compito e mantenere alta la concentrazione per un lungo periodo;
  • hanno pensieri divaganti lasciandosi distrarre con estrema facilità da ciò che accade nell’ambiente che li circonda;
  • non riescono né a seguire le istruzioni ricevute né tanto meno a metabolizzare le regole che sono loro impartite.

L’iperattività, inoltre, può portare numerosi svantaggi durante il compimento di un’attività. Non riuscendo a stare fermi, i soggetti in questione passano da un’azione all’altra senza terminarne alcuna.

Quanto detto fino a questo momento, poi, non riguarda solo lo studio. La loro eccessiva turbolenza li porta a non riuscire a costruire rapporti edificanti con gli altri alunni. Ciò è dovuto anche all’impossibilità di gestire nella maniera corretta le loro emozioni.

I docenti, quindi, sono chiamati a limitare le fonti di distrazioni che possono esserci in aula. Naturalmente, devono mettere in pratica le tecniche educative utili per consentire a questi studenti di svolgere con tranquillità una lezione.

La tecnologia utile all’inclusione scolastica

L’inclusione scolastica ha delle solide basi nella normativa italiana. Anche il Decreto Ministeriale n. 5669 del 12 luglio 2011 si è espresso in merito.

Al suo interno è possibile trovare Le linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento.

Il suddetto documento è un importante tassello voluto dal MIUR per consentire a tutti gli allievi di godere del diritto allo studio. 

Per questo motivo esiste la didattica individualizzata. Essa è volta al potenziamento di alcune abilità dell’alunno.

Può essere svolta sia in sede separata sia in momenti di lavoro con il resto della classe. La didattica personalizzata, invece, mette insieme l’offerta sulla unicità dell’individuo che ne è interessato.

Per tale ragione esiste il Piano Didattico Personalizzato (PDP). Se il PEI è rivolto agli allievi con disabilità, il PDP è realizzato per soccorrere gli studenti con problemi specifici dell’apprendimento.

Tra gli strumenti adoperati per facilitare la formazione scolastica ci sono anche quelli compensativi. Tra di essi possiamo citare:

  • la sintesi vocale;
  • il registratore;
  • la calcolatrice;
  • i programmi di videoscrittura con correttore ortografico;
  • le tabelle e le mappe concettuali.

Diventare docente di sostegno. Il TFA Sostegno

L’inclusione scolastica avviene grazie al supporto di tutta la classe e dell’intero gruppo insegnanti. Risulta innegabile, però, come debba essere necessaria la presenza di professionisti specializzati nel settore.

Esiste per tale ragione il docente di sostegno che per diventare tale ha la necessità di frequentare il TFA Sostegno. Quest’ultimo è un percorso di specializzazione universitario. A organizzarlo, infatti, ci pensano numerosi atenei italiani.

Per potervi accedere, però, si devono superare tre prove iniziali: preselettiva, scritta e orale. Solo oltrepassando tali ostacoli si può effettuare il corso formativo della durata di 8 mesi.

I candidati, inoltre, dovranno accumulare una serie di crediti divisi tra lezioni, laboratori e tirocini. Per la precisione sono 60 CFU distribuiti nel seguente modo:

  • 36 CFU per le lezioni;
  • 9 CFU per i diversi laboratori;
  • 6 CFU per il tirocinio diretto;
  • 3 CFU per il tirocinio indiretto con le TIC;
  • 3 CFU per il tirocinio indiretto;
  • 3 CFU per la prova finale.

Le materie di studio gravitano intorno agli ambiti della pedagogia e della psicologia. Ciò consente agli aspiranti docenti di sostegno di ottenere le competenze adeguate per il lavoro che andranno a svolgere.

A chiarire ulteriormente gli argomenti da trattare durante il Tirocinio Formativo Attivo ci pensa la normativa vigente. Infatti, i candidati hanno come punto di riferimento anche il Decreto Ministeriale n. 487 del 20 giugno 2014.

Master universitari per i Bisogni Educativi Speciali

Diventare docenti di sostegno non è l’unico modo per potersi specializzare nella didattica inclusiva. 

Per il resto degli insegnanti, ma anche per altri tipi di professionisti, esistono i master universitari incentrati sui Bisogni Educativi Speciali.

Questo tipo di percorsi formativi vogliono implementare le competenze metodologiche, strumentali e applicativi nei dipendenti scolastici. Ciò consentirà di operare sia nel settore pubblico sia in quello privato.

Esistono a tale scopo sia master di I livello sia di II livello. I primi possono essere svolti dai possessori di una laurea triennale, ma anche da chi detiene un titolo magistrale o a ciclo unico. I secondi, invece, spettano di diritto solo a chi ha un titolo magistrale o a ciclo unico.

Tra le materie di studio si possono riscontrare:

  • Psicologia dello Sviluppo;
  • Pedagogia Speciale;
  • Sociologia dell’Educazione;
  • Diritto Scolastico.

Questi, infatti, sono tra gli argomenti basilari per consentire a un aspirante docente di lavorare al meglio in ogni situazione. 

Come si è visto, infatti, ogni professore è chiamato a svolgere il proprio compito per garantire il diritto allo studio di tutti.

Chi è impossibilitato a frequentare i master universitari di tale portata può sempre optare per un master online. La formazione telematica, infatti, è stata ormai sdoganata.

Essa è un’ottima alleata di chiunque abbia occupazioni quotidiane tali da impedirgli di presentarsi nelle aule degli atenei. Tutor, videolezioni, slide e materiale didattico sono tra gli elementi principali adoperati in questi contesti.

Il tutto è finalizzato per ottenere gli strumenti intellettuali adeguati per la propria professione. Un docente competente, dunque, è il migliore dei regali per i propri allievi.

La formazione docenti

Per poter lavorare al meglio con gli allievi con Bisogni Educativi Speciali bisogna quindi concentrarsi sulla formazione docenti. Come sempre, infatti, la giusta preparazione può dare l’input per svolgere i propri compiti perfettamente.

Come si è più volte ribadito l’inclusione scolastica non è lasciata tutta sulle spalle dei docenti di sostegno. Anche il resto degli insegnanti devono fare la propria parte in queste situazioni.

A ciò si deve legare un ambiente scolastico unito in cui i compagni di classe fanno sentire il proprio appoggio. La famiglia di provenienza e gli enti locali devono fare il resto.

Per consentire che il diritto allo studio venga sempre messo al primo posto, quindi, c’è bisogno di collaborazione totale tra più parti. I master di perfezionamento, ma anche il TFA Sostegno, sono il tassello finale per poter realizzare tutto questo.

Chi aspira a ricoprire un ruolo nella scuola italiana, dunque, non deve mai dimenticare la formazione continua. Il giusto spirito verso l’ampliamento dei propri orizzonti non può far altro che portare l’istruzione ai massimi livelli che le competono.

Un lavoro importante, dunque, che necessita della preparazione migliore disponibile sul campo.

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