Alcune norme sono fondamentali all’interno della scuola italiana per varie ragioni. Un esempio lampante è rappresentato dalla DM 27 dicembre 2012.
La direttiva in questione volge il proprio sguardo verso una categoria ben precisa: i BES. La sigla presa in esame indica i Bisogni Educativi Speciali. Coloro che aspirano a divenire docenti di sostegno devono necessariamente conoscerne ogni dettaglio.
Infatti, la normativa italiana è incentrata sul voler valorizzare l’istruzione degli alunni, comprendendo i loro bisogni. Da qui la nascita della didattica inclusiva e del docente di sostegno. In tale ottica è evidente come il TFA Sostegno sia un modo per rendere la scuola aperta a tutti.
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Cosa sono i BES
Dunque, cosa sono i BES? Come si è visto, il suddetto acronimo indica i Bisogni Educativi Speciali. L’insegnante di sostegno non deve occuparsi, infatti, in maniera esclusiva degli alunni con disabilità.
Ciò è dovuto al fatto che la società odierna è molto complessa e il disagio scolastico può prendere numerose forme. Nella compagine dei BES, infatti, rientrano vari elementi quali:
- la disabilità;
- i disturbi evolutivi specifici;
- lo svantaggio socio-economico, linguistico, culturale.
Ciò fa comprendere quanto eterogenee siano ormai le classi e quanto sia il lavoro che deve essere messo in pratica nella scuola. L’integrazione deve oltrepassare numerose barriere e servono i mezzi adeguati per farlo.
Nei disturbi evolutivi specifici rientrano anche i deficit del linguaggio. Ivi ci sono le difficoltà proprie delle abilità non verbali, del coordinamento motorio e molti altri.
Difatti, in questa categoria si possono menzionare anche altri due elementi. Si tratta del Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) e dell’ADHD (Deficit di Attenzione e Iperattività).
La Legge n. 170 dell’8 ottobre 2010 riconosce nei DSA la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia.
Essi «si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali, ma possono costituire una limitazione importante per alcune attività della vita quotidiana».
In ogni caso, entrambe le tipologie di disturbi menzionate necessitano del giusto supporto. Ciò deve provenire non solo dal docente di sostegno, ma dall’intera scuola intesa come istituzione.
Che cosa dice la DM 27 dicembre 2012
Parlando di BES in senso ampio, però, la legge che ne è divenuta il fulcro è la DM 27 dicembre 2012. Essa vuole mettere l’integrazione scolastica al centro dell’educazione italiana.
Gli alunni con disabilità devono essere inclusi nella classe a cui appartengono. Ciò implica il dover attuare una serie di progetti volti a valorizzare il potenziale di tutti.
Tra gli elementi su cui fare affidamento c’è il modello diagnostico ICF, ovvero International Classification of Functioning, dell’OMS. Il suo scopo è proprio quello di riporre al centro della discussione lo studente inteso come persona nella sua complessità.
Nella DM 27 dicembre 2012 si analizzano varie questioni. Vengono snocciolate le caratteristiche dei BES, ma anche quelle dei Centri Territoriali di Supporto (CTS).
Infatti, i discenti con disabilità devono poter contare anche sull’aiuto costante da parte degli enti locali. I CTS sono stati formati dagli Uffici Scolastici Regionali in accordo con il MIUR attraverso il Progetto “Nuove Tecnologie e Disabilità”. Essi sono dei veri e propri punti di riferimento per le scuole.
Ad affiancare il lavoro dei CTS ci pensano i Centri Territoriali per l’Inclusione (CTI) di livello distrettuale. Quella messa in atto, quindi, è una notevole organizzazione territoriale. Il tutto, ovviamente, nel totale interesse del minore che deve poter usufruire del proprio diritto allo studio.
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