L’inclusione scolastica è una tematica fondamentale all’interno della società odierna. Il Ministero dell’Istruzione deve attivarsi per garantire il diritto allo studio di tutti.
In questo la scuola italiana si è sempre contraddistinta. Infatti, l’integrazione non riguarda solo gli alunni con disabilità. All’interno delle difficoltà didattiche, ma non solo, si possono trovare anche i BES e i DSA: la prima sigla indica i Bisogni Educativi Speciali, la seconda, invece, concerne i Disturbi Specifici dell’Apprendimento.
Una legge utile nell’ambito dell’inclusione scolastica è il Decreto Legislativo n. 66 del 13 aprile 2017, che si sofferma sullo sviluppo delle potenzialità degli allievi nel rispetto delle loro caratteristiche.
Il successo formativo in questione deve essere assicurato dal docente di sostegno, ma non solo: deve partecipare a questa attività anche l’intero corpo insegnante, la scuola, la famiglia di appartenenza e gli enti locali.
SOMMARIO
ToggleCosa si intende con inclusione scolastica
Quindi, cosa si intende con inclusione scolastica? Questo argomento ha una storia importante alle proprie spalle. La prima volta che si intraprese seriamente il discorso fu con la Legge n. 517 del 4 agosto 1977.
In tale normativa si parla del docente di sostegno. Tale figura professionale è essenziale tuttora. Con il trascorrere degli anni, ovviamente, il tema è stato ampliato e perfezionato. Ne è un esempio il Decreto Ministeriale n. 249 del 10 settembre 2010.
Ivi si tratta del TFA Sostegno, una specializzazione a stampo universitario. Quest’ultima è il mezzo ufficiale per raggiungere l’abilitazione nel campo, per tale ragione, i candidati al suddetto compito stanno attendendo con ansia il TFA Sostegno.
L’inclusione scolastica, inoltre, prevede interventi personalizzati. Il tutto deve tenere conto anche del modello di funzionamento ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della salute).
Ancora, nella scuola si devono tenere in considerazione non solo i problemi fisici, psichici e/o sensoriali. Per aiutare al meglio lo studente si devono valutare anche le sue condizioni sociali, economiche e culturali.
Infatti, la persona deve essere esaminata nel suo insieme. Solo in questo modo si possono mettere in pratica tutti i progetti volti alla sua integrazione. È bene ribadire come in tutto ciò il docente di sostegno non debba in alcun modo essere lasciato solo.
Lo studente in difficoltà deve essere al centro dell’organizzazione della classe. Quest’ultima è composta anche dagli altri studenti, dai professori e dalla famiglia di origine. Tutti, quindi, devono essere parte attiva nel processo educativo.
Normativa sull’inclusione scolastica
La normativa sull’inclusione scolastica è abbastanza dettagliata. Le radici dell’integrazione delle persone con disabilità nel mondo dell’istruzione sono profonde.
Come si è già visto, le si possono rintracciare nella Legge n. 517 del 4 agosto 1977. Altra normativa fondamentale per il settore è sicuramente la Legge n. 104 del 5 febbraio 1992.
Ivi si afferma che la Repubblica italiana «garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia» del soggetto con difficoltà. Ciò implica promuoverne l’integrazione in ogni contesto in cui è inserito.
L’inclusione non deve avvenire solo nel settore scolastico. Ciò deve avvenire anche nella famiglia, nell’ambiente lavorativo e nella società.
Da qui la necessità di mettere in pratica una serie di progetti volti alla tutela dei più bisognosi in ogni ambito della quotidianità.
Per quanto concerne il TFA Sostegno bisogna rifarsi alle leggi più recenti. La prima volta che è stato formulato tale percorso formativo è stato nel Decreto Ministeriale n. 249 del 10 settembre 2010.
I criteri e le modalità per lo svolgimento dei corsi in questione, invece, sono stati sviluppati nel Decreto Ministeriale 30 settembre 2011. La programmazione del Tirocinio Formativo Attivo è definita in maniera annuale dal Ministero dell’Istruzione.
Inoltre, ci sono state delle importanti modifiche nel D.M. 249/2010. Esse sono riscontrabili nel Decreto Ministeriale n. 81 del 25 marzo 2013. In esso vengono definiti con accuratezza i requisiti e le modalità di reclutamento nel settore.
Bisogni Educativi Speciali
I Bisogni Educativi Speciali sono anche conosciuti con la sigla BES. Questa può essere considerata una macro-categoria. Infatti, lo svantaggio scolastico non è riscontrabile solo con i soggetti affetti da disabilità fisica, psichica o sensoriale.
L’inclusione scolastica deve essere allargata a tutti gli studenti. Nei Bisogni Educativi Speciali si possono annoverare i seguenti gruppi:
- disabilità;
- disturbi evolutivi specifici;
- svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale.
A tal proposito è stata emanata la Direttiva Ministeriale 27 Dicembre 2012. Al suo interno è possibile analizzare gli strumenti d’intervento per gli alunni con BES. Inoltre, viene trattata l’organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica.
Comunque, ogni alunno può essere definito BES. Ciò può avvenire con continuità o per un breve periodo della carriera scolastica dello studente in questione. Quindi, gli istituti devono proporre delle risposte adeguate, rapide e personalizzate.
Per tale ragione le scuole devono lavorare insieme ai Centri Territoriali di Supporto. L’organizzazione territoriale prevede alcuni elementi essenziali per il supporto degli studenti con BES:
i Gruppi di Lavoro per l’Handicap (GLH) a livello di singola scuola, eventualmente affiancati da Gruppi di lavoro per l’Inclusione;
- i GLH di rete o distrettuali,
- i Centri Territoriali per l’Inclusione (CTI) a livello di distretto sociosanitario ,
- un Centro Territoriale di Supporto a livello provinciale.
Gli alunni in questione non necessitano solamente dell’insegnante di sostegno. Per tale ragione deve essere formulato a inizio anno scolastico un Piano Educativo Individualizzato (PEI). Al suo interno bisogna inserire:
- gli obiettivi educativi;
- i metodi di valutazione;
- le forme di integrazione.
Alunni con DSA
L’inclusione scolastica abbraccia ogni tipo di difficoltà nel mondo dell’istruzione. Il diritto allo studio, infatti, è aperto a tutti. Nella categoria dei BES si annoverano anche gli alunni con DSA.
Tale sigla indica i Disturbi Specifici dell’Apprendimento. A riconoscere i DSA ci ha pensato la Legge n. 170 dell’8 ottobre 2010.
Ivi si afferma che tali disturbi «si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali, ma possono costituire una limitazione importante per alcune attività della vita quotidiana».
I Disturbi Specifici dell’Apprendimento sono:
- la dislessia;
- la disgrafia;
- la disortografia;
- la discalculia.
La diagnosi deve essere garantita dal Servizio sanitario nazionale. La famiglia, in seguito, deve comunicarlo alla scuola di appartenenza. Nelle aule, docenti di sostegno e insegnanti curriculari devono collaborare per il successo scolastico dello studente.
Per tale ragione, nel primo trimestre deve essere formulato il Piano Didattico Personalizzato (PDP). Esso contiene:
- i dati anagrafici dello studente;
- il DSA preso in considerazione;
- gli strumenti compensativi;
- le misure dispensative;
- le forme della valutazione personalizzata;
- le attività didattiche personalizzate.
Inoltre, deve contenere anche gli strumenti compensativi e le misure dispensative utili agli alunni con DSA. L’inclusione scolastica, dunque, è un mondo complesso con le sue regole da rispettare.
Ecco perché gli aspiranti docenti di sostegno devono frequentare un percorso formativo di un certo rilievo.
Il compito del TFA Sostegno è quello di istruire al meglio nell’ambito trattato. Solo così si può garantire il diritto allo studio di tutti gli alunni.