Disortografia esempi

Disortografia esempi

La Legge n. 170 dell’8 ottobre 2010 ha riconosciuto i Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA). Tra di essi compare la disortografia e gli esempi della stessa sono utilissimi per meglio farla comprendere.

Infatti, nei DSA rientrano la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia. La loro esistenza causa complicazioni nella lettura, nella scrittura e nel calcolo.

Nella legge proposta si afferma che i DSA «si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali, ma possono costituire una limitazione importante per alcune attività della vita quotidiana».

Di conseguenza, la scuola deve mobilitarsi per creare un ambiente di lavoro adatto a tutti gli studenti. Non solo i docenti di sostegno, ma anche il resto del corpo docente deve conoscere la disortografia e i vari esempi in cui si può incorrere.

Solo in questo modo si può garantire il diritto allo studio dei bambini e degli adolescenti. Tali nozioni, inoltre, sono essenziali anche per chi vuole concorrere per il TFA Sostegno 2023.

Come riconoscere la disortografia

La disortografia fa parte dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento. Essa concerne la scrittura, per la precisione il codice linguistico preso come tale.

Una normativa che può essere utile a chiarire la disortografia e gli esempi della stessa è il Decreto Ministeriale n. 5669 del 12 luglio 2011. In allegato a esso ci sono anche le Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento.

La disortografia, quindi, viene descritta come una minore correttezza del testo scritto. Questo disturbo, naturalmente, deve essere contestualizzato all’età anagrafica dell’allievo.

Esso è un vero e proprio disordine di codifica del testo scritto. Il soggetto in questione, quindi, palesa impedimenti nel trascrivere il linguaggio orale nella sua forma scritta.

Il tutto ruota intorno all’inadeguatezza di mettere in pratica le regole ortografiche. La disortografia, comunque, non dipende affatto da problemi neurologici. Il cervello dello studente preso in esame, infatti, ha un modo differente di funzionare.

Qual è la differenza tra disgrafia e la disortografia

Prima di analizzare maggiormente la disortografia e i suoi esempi, bisogna soffermarsi sulla disgrafia. Ciò che accomuna i due DSA è il fatto che entrambi siano collegabili al mondo della scrittura.

La disgrafia, però, è relativa alla grafia di una persona. In particolare, lo studente con questo DSA è incapace di avere il totale controllo di quelli che sono gli aspetti grafici.

Il momento motorio-esecutivo, dunque, è il centro di tale disturbo. Sin dai primi istanti, il soggetto non riesce a tenere in mano la penna in maniera corretta.

La grafia è disordinata ed è arduo riuscire a comprendere quanto prodotto. Le attività compromesse sono il coordinamento tra l’occhio e la mano, ma anche la velocità di esecuzione.

Infatti, questo studente ha molteplici difficoltà durante la fase di apprendimento. Tra di esse rientrano:

  • l’incapacità di ricopiare dalla lavagna;
  • l’interruzione del tratto;
  • la sovrapposizione tra le diverse lettere della parola;
  • la differente dimensione delle lettere sul foglio;
  • il mancato rispetto dei margini e delle linee sul foglio.

Questi, però, sono solo alcuni degli intralci che si possono interporre sul cammino educativo del bambino con disgrafia.

Quindi, la differenza tra disgrafia e la disortografia è qualitativa. La prima è un deficit motorio, mentre la seconda si concentra sulle abilità linguistiche.

Disortografia, gli esempi

Ora si devono fornire i dettagli necessari a sviscerare la disortografia e i suoi esempi. La comparsa di questo disturbo avviene intorno ai 7 anni di età. Questo è il motivo per cui non può essere fatta una diagnosi precisa prima del termine del secondo anno della scuola primaria.

La sua presenza comporta molte preoccupazioni in chi ne è afflitto. Infatti, vedendo le proprie incapacità nella scrittura, il bambino in questione ha una bassa autostima, nonostante le grandi energie profuse nel fare un buon lavoro.

Inoltre, il soggetto in questione non riesce a codificare i suoni in testo scritto. Tra gli errori più comuni si possono annoverare:

  • la confusione tra diversi simboli grafici;
  • l’omissione di sillabe o anche di semplici lettere;
  • le separazioni o le fusioni scorrette delle parole;
  • l’aggiunta errata di lettere alle parole;
  • la confusione tra i suoni simili tra di loro;
  • l’inversione di sillabe.

Con la disortografia si parla di esempi, ma anche di sintomi. Questi ultimi, difatti, aiutano a individuare un bambino o una bambina con Disturbi Specifici dell’Apprendimento.

Il discente in questione solitamente ha delle difficoltà del linguaggio. Non riesce a organizzarsi a livello spazio-temporale e coordina male l’aspetto visivo-uditivo.

Come sempre, però, è necessaria una diagnosi specialistica. Infatti, i DSA non devono essere confusi con i normali tempi di apprendimento dei bambini più piccoli. Non tutti coloro che vengono indicati come DSA risultano esserlo realmente.

Piano Didattico Personalizzato

Con la disortografia, gli esempi non bastano. Bisogna affrontare anche il tema relativo alla didattica inclusiva. L’integrazione scolastica passa dai progetti messi in campo dal Ministero dell’Istruzione per garantire il diritto allo studio di tutti.

Tra di essi compare il Piano Didattico Personalizzato. Il PDP, infatti, è esteso a quanti presentino Disturbi Specifici dell’Apprendimento. Il suo utilizzo è stato proposto già nel Decreto Ministeriale n. 5669 del 12 luglio 2011.

Nelle già citate Linee guida sono snocciolate le caratteristiche del PDP. Esso serve per organizzare le misure educative e didattiche di supporto.

La sua formulazione è prevista sin dalla scuola dell’infanzia. Inoltre, deve essere realizzato entro il primo trimestre dell’anno scolastico. La sua validità, dunque, è annuale. Un documento ufficiale che deve contenere anche i criteri di valutazione da adottare nella scuola.

Nel PDP devono essere trascritti:

  • i dati anagrafici dell’alunno;
  • la tipologia di disturbo;
  • le attività didattiche individualizzate;
  • le attività didattiche personalizzate;
  • gli strumenti compensativi utilizzati;
  • le misure dispensative adottate;
  • le forme di verifica e valutazione personalizzate.

A formularlo ci pensa il Consiglio di Classe o il team docenti. Ovviamente, si devono tenere in conto anche i pareri della famiglia di origine.

Disortografia ed esempi di strumenti compensativi

Infine, bisogna approfondire la disortografia e gli esempi di strumenti compensativi. Come accennato in precedenza, essi fanno parte a tutti gli effetti del Piano Didattico Personalizzato.

Sono, quindi, essenziali per arginare le difficoltà provocate dalla disortografia. Gli strumenti compensativi sono dei mezzi didattici e tecnologici. La loro funzione è quella di sostituire o facilitare la prestazione dello studente in classe.

Quindi, sollevano dallo svolgere un esercizio o un compito reso troppo difficoltoso dalla presenza del DSA. Ovviamente, ciò non rende il lavoro più semplice dal punto di vista cognitivo.

Lo scopo è quello di alleviare i problemi dell’alunno, senza però dargli vantaggi rispetto al resto della classe. Gli strumenti compensativi per la disortografia sono diversi. Per esempio:

  • i programmi di videoscrittura con correttore automatico. Esso, infatti evidenzia in maniera evidente le parole scritte in modo errato proponendo la forma più corretta;
  • il registratore, utile per evitare all’allievo la trascrizione degli appunti;
  • la sintesi vocale, che rilegge ad alta voce quanto prodotto. Ciò serve a evidenziare gli eventuali errori durante la fase di scrittura;
  • il dizionario online, utilissimo per poter andare a cercare le parole di cui non si comprende pienamente il significato. In tal modo si evita di riproporle in maniera scorretta.

Tutte le nozioni sviscerate risultano fondamentali. A doverle apprendere, però, non è solo il docente di sostegno. Questo professionista, infatti, mette a disposizione della classe le proprie competenze.

L’integrazione scolastica, però, si può rendere attiva solo attraverso il lavoro costante di tutti. Ciò implica il mettersi in moto del resto del corpo insegnanti, della scuola e della classe nel suo insieme. Inoltre, anche la famiglia di origine e gli enti locali devono rendersi disponibili per il bene dello studente.

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