L’integrazione scolastica

L'integrazione scolastica

L’integrazione scolastica è alla base della scuola italiana. Il nostro Paese, infatti, ha sempre cercato di rendere la scuola un luogo aperto a tutti. A dirlo ci pensa anche la nostra Costituzione all’interno dell’articolo n. 34.

Per fare che ciò avvenga c’è bisogno di personale competente. Infatti, è necessario seguire percorsi formativi utili. In questo modo si potrà svolgere in maniera efficiente un lavoro tanto delicato quanto essenziale.

Il ruolo del MIUR è quello di consentire l’accesso all’istruzione a ogni allievo. Ciò implica dover eliminare gli ostacoli che vengono a frapporsi tra il soggetto e il suo obiettivo. Il tutto per arrivare alla crescita personale dello studente, non solo dal punto di vista culturale.

Per tale ragione, nel tempo si è sviluppata una figura cruciale come quella del docente di sostegno. Il suo scopo, come si vedrà meglio in seguito, è quello di concretizzare l’integrazione scolastica in ogni suo aspetto.

Cosa si intende per integrazione scolastica

Per integrazione scolastica si intendono tutte quelle procedure volte a creare una comunità accogliente. Lo scopo della scuola è di essere aperta a tutti gli studenti e di superare le eventuali difficoltà presenti.

Ciò conduce a un incremento del bagaglio culturale, personale e sociale del singolo. L’alunno, infatti, deve essere considerato principalmente come persona con il proprio carico emotivo.

Si può ottenere l’integrazione scolastica attraverso una fitta progettazione all’interno degli istituti. Il che deve includere anche la presenza di professionisti del settore.

Questa visione dell’istruzione affonda le proprie radici nella Legge n. 517 del 4 agosto 1977. Ivi viene formulata per la prima volta la figura professionale del docente di sostegno. Ciò ha fatto nascere una visione differente dell’educazione indirizzata a chi presenta difficoltà.

Altra normativa importante al riguardo è stata la Legge n. 104 del 5 febbraio 1992. Qui ci si concentra anche sull’esigenza di formare operatori competenti nel settore del sostegno.

Per la realizzazione di tali iniziative, però, si rende indispensabile la collaborazioni tra le varie parti chiamate in causa. Non solo i plessi scolastici, ma anche gli enti locali e le famiglie di appartenenza.

Ogni professore ha la responsabilità didattica ed educativa di ciascun studente della sua classe. Ciò implica anche coloro che hanno problematiche fisiche, psiche o entrambe. A dare manforte allo scomparto docente ci pensa l’insegnante di sostegno.

Nel caso di complicazioni, si deve seguire quanto definito nel Piano Educativo Individualizzato. Anche qui, come già anticipato, si necessita la piena collaborazione delle famiglie e degli enti sociali.

Per tale ragione, anche gli altri professori presenti in aula devono coltivare la propria formazione in questo campo così delicato. Ciò può avvenire tramite specifici corsi o master sull’integrazione scolastica.

La normativa

Da quanto è stato detto fino a questo momento, è evidente che l’integrazione scolastica abbia alle proprie spalle una lunga storia. L’integrazione indica il voler rendere l’alunno con disabilità parte attiva del gruppo classe.

Con inclusione, invece, si vuole coinvolgere ogni tipo di studente. Da quanto detto precedentemente, è chiaro come la storia dell’integrazione sia abbastanza articolata.

Tra le normative che hanno però apportato un enorme cambiamento ce n’è sicuramente una. Essa è il Decreto Ministeriale n. 249 del 10 settembre 2010. La sua funzione è stata quella di decretare la nascita di un percorso formativo sul sostegno. Lo scopo è quello di ottenere quella che è definita come abilitazione sostegno.

Si sta parlando di una specializzazione universitaria volta a educare un preciso tipo di personale scolastico. Quest’ultimo deve possedere delle specifiche competenze nel proprio campo di appartenenza.

Inoltre, è stato emanato a tal riguardo anche il Decreto Ministeriale 30 settembre 2011. Quest’ultimo analizza le modalità di svolgimento della formazione per la specializzazione per le attività di sostegno. Ciò avviene ai sensi degli articoli n. 5 e n. 13 del DM 249/2010.

I corsi in questione vengono formulati dalle università, ma solo dopo aver ricevuto l’autorizzazione dal MIUR. Il percorso prevede una serie di esami preselettivi e un periodo di formazione pari a 8 mesi.

Durante gli stessi, i candidati sono chiamati a svolgere lezioni, tirocini e laboratori. Al momento i soggetti interessati sono in attesa del bando del TFA Sostegno 2023.

Altra norma importante per l’integrazione scolastica è la Legge n. 170 dell’8 ottobre 2010. Essa tratta dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento in ambito scolastico. In particolare, si riconosce l’esistenza di dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia.

Nel codice menzionato si afferma che tali problematiche «si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali, ma possono costituire una limitazione importante per alcune attività della vita quotidiana».

Cos’è il Piano Educativo Individualizzato (PEI)

Nella normativa volta a favorire l’integrazione scolastica compare il PEI, ovvero il Piano Educativo Personalizzato. Il suo scopo è quello di far comprendere che l’alunno con disabilità non è a carico solo ed esclusivamente del docente di sostegno.

L’intera comunità scolastica deve fare la propria parte per garantirne il diritto allo studio. Le sue basi sono le seguenti:

  • la dimensione della Socializzazione e dell’Interazione;
  • la dimensione della Comunicazione e del Linguaggio;
  • la dimensione dell’Autonomia e dell’Orientamento;
  • la dimensione Cognitiva, Neuropsicologica e dell’Apprendimento.

In esso devono essere menzionati gli obiettivi formativi prefissati. Per tale ragione deve essere compilato a inizio anno scolastico.

Inoltre, deve elencare anche gli strumenti che verranno adoperati, le attività che si devono svolgere e i criteri di valutazione che si dovranno adottare.

Infine, questo documento deve annoverare anche le forme di integrazione a favore dell’alunno con disabilità. Ciò implica tutte le azioni svolte in tale direzione.

Il tutto deve avvenire non solo all’interno del contesto scolastico, ma anche al di fuori di esso.

La normativa di riferimento è il Decreto Interministeriale 182 del 29 dicembre 2020. Con lo stesso si è aggiornato quanto precedentemente stabilito dal Decreto Legislativo n. 66 del 13 aprile 2017.

Che differenza c’è tra integrazione e inclusione scolastica

Per chi voglia operare all’interno della scuola come docente di sostegno è bene avere delle nozioni basilari in mente. Spesso, infatti, si compie l’errore di credere che integrazione e inclusione scolastica siano sinonimi. Ciò non è affatto vero.

L’integrazione scolastica, infatti, indica tutte quelle attività e quei progetti rivolti allo studente con disabilità.

Questo include anche l’affiancamento di professionisti del settore che sono, per l’appunto, i docenti di sostegno.

Con l’uso di strumenti tecnologici e didattici adatti, inoltre, si alimenta la socializzazione dello studente con difficoltà. In questo modo si cerca di inserirlo nel gruppo classe nel migliore dei modi possibili.

Differente, invece, è il significato che si affida alla terminologia dell’inclusione scolastica. Ovviamente, le due tematiche sono collegate, ma non sono da sovrapporre.

Nel secondo caso, infatti, si coinvolgono tutti gli elementi presenti in una classe. Inoltre, non ci sono quelle strategie o quegli strumenti mirati alla formazione come avviene nel primo contesto.

Chi ha il diritto all’integrazione scolastica

È giunto il momento di comprendere chi abbia diritto o meno all’integrazione scolastica. La Legge n. 104 del 5 febbraio 1992 sancisce il diritto all’educazione e all’istruzione per ogni allievo all’interno della classe di appartenenza.

In tale normativa si precisa che «l’esercizio di tale diritto non può essere impedito da difficoltà di apprendimento né da altre difficoltà derivanti dalle disabilità connesse all’handicap».

L’attività del docente di sostegno, inoltre, è rivolta alla classe, non solo allo studente che presenta difficoltà. In merito si può far riferimento alla Nota MIUR n. 2215 del 26 novembre 2019.

Ivi si legge che «il docente di sostegno, come più volte afferma la norma, è assegnato alla classe, di cui diventa pienamente contitolare, e non al singolo alunno».

Coloro che possono usufruire del sostegno sono i soggetti aventi problematiche fisiche, psichiche o anche di tipo sensoriale.

Queste difficoltà possono essere sia stabilizzate che progressive. La loro presenza comporta degli svantaggi all’allievo non solo in campo culturale, ma anche sociale.

Lo studente in questione ha diritto a usufruire di tutti gli strumenti utili a compensare le problematiche di cui soffre. Gli accertamenti della effettiva esistenza delle difficoltà menzionata va accertata ai sensi dell’articolo n. 1 della Legge n. 295 del 15 ottobre 1990.

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