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La formazione docenti è sempre più articolata e complessa. Anche chi opera all’interno del sostegno è investito da tale procedura. Ecco, allora, che molti iniziano a domandarsi del perché affrontare il TFA Sostegno.
Quest’ultimo, infatti, è l’unico mezzo in grado di abilitare in suddetto settore. Sono in tanti, quindi, che necessitano di conoscere i meandri di questa specializzazione universitaria.
Il percorso in questione, infatti, si presenta come lungo e decisamente articolato. D’altronde, il compito da eseguire ha bisogno di attenzioni costanti che si riversano anche in una preparazione dettagliata.
Cosa si intende per TFA Sostegno
Cosa si intende con TFA Sostegno? Una domanda che merita una risposta esaustiva. La prima cosa da dire è il fatto che esso ha delle profonde radici all’interno della normativa italiana.
Nell’articolo 7 della Legge 4 agosto 1977, n. 517 è stata palesata per la prima volta la figura del docente di sostegno.
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Evolutosi nel tempo, questo particolare tipo di dipendente ha sempre avuto uno scopo ben preciso. Esso si palesa nella concretizzazione dell’inclusione scolastica.
Affrontare il TFA Sostegno rende, infatti, possibile realizzare il diritto allo studio di ogni alunno.
Tale diritto è presente anche nella Costituzione del nostro Paese. Nell’articolo 34, infatti, si legge:
«La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso».
Lo Stato è chiamato, dunque, ad abbattere le barriere che impediscono ai più deboli di vivere una vita piena e soddisfacente.
Proprio per tale ragione, a fortificare questo professionista ci ha pensato anche l’introduzione di un percorso formativo specializzato. Ciò avviene in ambito universitario e si realizza nel TFA Sostegno.
A cosa serve
Bisogna scandagliare maggiormente l’argomento in questione andandone a cercare le motivazioni. A cosa serve il TFA Sostegno? Come si è appena visto, il suo scopo è rendere fattibile seguire le lezioni in classe a tutti gli alunni.
Non solo chi possiede problematiche fisiche e/o mentali è interessato da tale provvedimento. Anche chi proviene da contesti sociali problematici o a rischio può avere l’esigenza di usufruire dell’insegnante di sostegno.
Il percorso formativo in questione svolge l’importante compito di tramutare in operativa la didattica inclusiva. I bisogni educativi dei più deboli devono diventare il fulcro della scuola.
Di conseguenza, in tale operazione non sono chiamati a lavorare solo queste figure professionali. Anche il resto della classe e gli insegnanti delle altre discipline devono fare la loro parte.
Si ribadisce, infatti, come il docente di sostegno non sia assegnato solo all’alunno che beneficia del suo modo di agire. Questo professionista è a tutti gli effetti un dipendente al servizio dell’intero gruppo classe.
Il Piano Educativo Personalizzato
La nozione di docente di sostegno tira in ballo, in maniera del tutto inevitabile, ulteriori questioni. Esse sono di grande impatto per quanti vogliano affrontare questo percorso formativo.
Il docente di sostegno, infatti, è chiamato a mettere in campo il Piano Educativo Individualizzato (PEI).
Che cos’è? Un vero e proprio agglomerato che riunisce le attività didattiche. Esse devono essere praticate a favore dell’alunno affetto da disabilità.
La Legge N. 170 dell’8 ottobre 2010, inoltre, ha riconosciuto quelli che sono stati definiti Disturbi Specifici dell’Apprendimento. Denominati BES, includono al proprio interno quanto segue:
- la dislessia;
- la disgrafia;
- la disortografia;
- la discalculia.
Il MIUR, inoltre, è stato l’artefice di un importante documento: Le linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento.
Per leggerlo nella sua interezza lo si può trovare in allegato al Decreto Ministeriale n. 5669 del 12 luglio 2011.
Ancora una volta, si ribadisce quanto l’aiuto collettivo operi a favore dell’attuazione di una situazione favorevole. Alunni, docenti, familiari e scuola sono tutti chiamati a fare la propria parte per la realizzazione del progetto in questione.
Il PEI, dunque, viene redatto a inizio anno. Al suo interno devono essere esposte le differenti metodologie didattiche che verranno di volta in volta concretizzate. In tutto ciò, anche gli enti locali devono far sentire chiara e forte la propria presenza.
TFA Sostegno. Requisiti di accesso
Per svolgere un lavoro tanto importante, dunque, è necessario comprendere i requisiti di accesso al TFA Sostegno 2023. Essi si differenziano a seconda della scuola in cui si ambisce a partecipare.
Nella scuola d’infanzia e primaria, per esempio, è necessario possedere uno di questi titoli:
- laurea in Scienze della Formazione Primaria;
- diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001-2002;
- analogo titolo estero, ma che deve necessariamente essere riconosciuto sul territorio italiano.
Differente, invece, è la questione per chi voglia concorrere per il sostegno all’interno della scuola secondaria. Qui i requisiti sono i seguenti:
- laurea magistrale o a ciclo unico unita ai 24 CFU per l’insegnamento;
- abilitazione specifica sulla classe di concorso.
Infine, ci sono gli ITP, acronimo adoperato per indicare quello che è l’Insegnante Tecnico Pratico. Tale tipologia di professori svolge la propria mansione all’interno dei laboratori delle scuole secondarie a indirizzo sia tecnico che professionale.
Per questa categoria, dunque, i requisiti di accesso sono da ritrovare nel diploma di scuola superiore atto all’acquisizione della propria classe di concorso.
I parametri appena elencati sono stati stabiliti a loro tempo dal Decreto Ministeriale n. 92 dell’8 febbraio 2019. In particolare, l’articolo 3 parla espressamente di Requisiti di ammissione e articolazione del percorso.
TFA Sostegno. Test di accesso
Il D.M, precedentemente menzionato, dunque, parla anche dei test di accesso. Queste prevedono una divisione ben precisa, ovvero:
- preselettiva;
- scritta;
- orale.
Il primo dei tre test è quello preselettivo, dunque, formato da una batteria di 60 domande. Di queste, 20 riguardano le competenze linguistiche e di comprensione dell’idioma italiano.
Le altre 40, invece, vertono sulle competenze socio-psico-pedagogiche del candidato. Naturalmente, vanno a differenziarsi a seconda dell’ordine e grado della scuola per cui si partecipa.
La risposta corretta ai vari requisiti determina l’acquisizione di 0,5 punti. Quella errata, invece, vale 0 punti. La medesima cosa accade per la mancata risposta.
Superata questa fase, si passa a quella successiva: la scritta. Tale tipo di verifica è formulata appoggiandosi sui quesiti posti nella prima parte del test d’accesso. Infine, vi è la prova orale.
Qui, oltre a dover affrontare nuovamente le discipline citate in precedenza, si accertano le motivazioni del concorrente.
Chi non sostiene le prove di accesso
Ci sono alcuni soggetti che sono esentati dal sostenere le prove di accesso. Questo è un particolare a cui bisogna prestare attenzione. Ancora una volta, per avere tali informazioni si attinge dal Decreto Ministeriale n. 92 dell’8 febbraio 2019.
L’articolo 4 dello stesso si intitola Disposizioni sulle prove di accesso e sulle graduatorie di merito. Nel comma 4 è riportato chi è ammesso in soprannumero ai relativi percorsi senza svolgere le prove di accesso:
- chi ha sospeso il percorso;
- chi è risultato vincitore di più procedure e abbia dunque esercitato le relative opzioni;
- chi è si è immesso nelle graduatorie di merito, ma non in posizione utile.
Per quanto riguarda l’ultima opzione c’è un’eccezione utile da riportare alla mente. Qualora gli ammessi fossero in numero minore rispetto ai posti disponibili si possono inserire determinati soggetti.
Essi sono coloro che sono «collocati in posizione non utile nelle graduatorie di merito di altri atenei, che ne facciano specifica richiesta, a loro volta graduati e ammessi dagli atenei sino ad esaurimento dei posti disponibili».
Fase transitoria fino al 2024
Inoltre, c’è un’ulteriore deroga che, però, ha valore fino al 31 dicembre 2024. A introdurla ci pensa articolo 18-bis, comma 2, del novellato Decreto Legislativo n. 59 del 13 aprile 2017.
Qui si afferma che si può accedere al TFA Sostegno, nei limiti della riserva posti, chi ha prestato servizio per almeno 3 anni negli ultimi 5. Ciò vale fino alla data segnalata.
Quanto detto comprende le scuole paritarie, ma anche i percorsi di istruzione e formazione professionale delle regioni. Inoltre, bisogna avere l’abilitazione all’insegnamento.
Tale D.L. è tornato in voga tramite la riforma Bianchi. Essa trae forza a primo impatto dal Decreto Legislativo n. 36 30 aprile 2022. Quest’ultimo, in seguito, è stato convertito nella Legge n. 79 del 29 giugno 2022.
Quanto dura e come si svolge il TFA Sostegno
Una volta superate le prove iniziali si deve affrontare l’anno di formazione, ma come si svolge e quanto dura il TFA sostegno?
Il percorso in questione è spalmato in 8 mesi. Durante questo periodo, i candidati sono chiamati a seguire lezioni e sviluppare tirocini e laboratori di varia natura.
Bisogna, inoltre, portare a casa ben 60 crediti formativi universitari. La loro distribuzione è la seguente:
- 36 CFU per le lezioni;
- 9 CFU per i diversi laboratori;
- 6 CFU per il tirocinio diretto;
- 3 CFU per il tirocinio indiretto con le TIC;
- 3 CFU per il tirocinio indiretto;
- 3 CFU per la prova finale.
Naturalmente, i concorrenti in questione devono apprendere in maniera adeguata i concetti chiave di alcune discipline. Tra di esse si può citare a mo’ di esempio la Psicologia dello Sviluppo e Psicologia dell’Educazione.
Come già detto, infatti, l’addestramento in ambito pedagogico e psicologico è fondamentale per i docenti di sostegno. Gli alunni a loro affidati necessitano di un aiuto specializzato per raggiungere con profitto i risultati scolastici richiesti.
Cosa si studia per il TFA Sostegno
Un argomento da snocciolare riguarda cosa si studia per il TFA Sostegno. A chiarirlo ci hanno pensato gli allegati del Decreto Ministeriale n. 487 del 20 giugno 2014.
Come si è già visto, il Tirocinio Formativo Attivo è distinto in molteplici attività. Ognuna deve essere portata al termine nel migliore dei modi. Allegato a tale D.M. si trova, inoltre, il quadro dei crediti formativi.
Essi devono essere in numero di 36 per quanto riguarda le lezioni impartite. Nel suddetto quadro si dividono in due. Una parte delle attività formative è riservata alla Didattica generale e alla Didattica Speciale.
I Settori Scientifici Disciplinari delle stesse sono:
- M-PED/03 Didattica e pedagogia speciale;
- M-PED/04 Pedagogia sperimentale, di cui almeno 6 CFU devono essere rivolti ai bisogni educativi speciali.
L’altra parte delle attività formative, invece, si occupa della didattica delle discipline oggetto di insegnamento delle classi di concorso con laboratori.
I laboratori, a loro volta, sono affidati a docenti con almeno cinque anni di insegnamento di quella data disciplina. Ogni CFU dedicato a questo tipo di attività equivale a 15 ore fatte in aula.
Questa parte del corso di specializzazione per le attività di sostegno si sviluppa tramite:
- lavori di gruppo anche attraverso diverse simulazioni in classe;
- esperienze applicate sul campo;
- esperienze rivolte alle mansioni formative nei settori disciplinari di competenza.
I tirocini, infine, possono essere diretti o indiretti. La prima metodologia deve essere effettuata nell’arco di 5 mesi all’interno di una scuola. La seconda, invece, deve essere svolto sotto la supervisione degli insegnanti appartenenti al percorso formativo.
Quanto costa
Risulta naturale chiedersi quanto realmente costi il TFA Sostegno. La prima cosa da sottolineare è il fatto che ogni ateneo può avere un certo margine di manovra a tal proposito.
Ciò implica che da università a università ci potranno essere delle variazioni di prezzo. Esse, naturalmente, non sono così eccessive come si potrebbe temere.
Inizialmente, però bisogna necessariamente versare una quota utile per partecipare alle prove di ingresso. Anche questa può avere alcune differenze a seconda del luogo di iscrizione. In ogni caso, tende a stabilirsi tra € 100 e € 200.
Questa cifra può essere versata in molteplici modi:
- sportello bancario;
- piattaforma telematica della propria banca;
- PagoPa.
Per l’anno formativo, invece, le cose sono differenti. La retta, anche qui, può subire oscillazioni da ateneo ad ateneo. In ogni caso, solitamente la somma richiesta va da un minimo di € 2.500 a un massimo di € 3.000.
Perché conviene fare il TFA Sostegno
Una domanda che può sorgere spontanea è sicuramente quella relativa alla convenienza del TFA Sostegno. I vantaggi di questo corso di specializzazione sono tali da rendere percorribile tale strada?
Si direbbe proprio di sì. Questa formazione, infatti, è in grado di offrire all’insegnante la tanto agognata abilitazione. Chi la possiede, infatti, rientra nella prima fascia delle GPS.
Di conseguenza, è molto più semplice ricevere incarichi a tempo determinato e accumulare servizio. Non solo.
Con tale titolo nel proprio curriculum vitae si ha una grossa spinta all’interno delle Graduatorie Provinciali per le Supplenze. Ivi, infatti, la detenzione del TFA Sostegno dona al candidato ben 9 punti in più per ciascuno attestato.
Tutte motivazioni estremamente valide che possono portare alla decisione di intraprendere questo percorso formativo. Ecco perché è un bene prepararsi nei giusti tempi per poter superare le prove di accesso e frequentare il TFA Sostegno.
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