Il recente dibattito pubblico sul tema “Aggressioni in Cattedra: cause e soluzioni per una scuola più sicura” organizzato dalla nostra rivista “la Scuola Oggi” – che ha visto la partecipazione dei segretari dei maggiori sindacati italiani, nonché esponenti del mondo politico ed esperti del comparto scuola – ha portato alla ribalta il tema, attualissimo, delle aggressioni che avvengono tra le mura scolastiche.
Conosciamo, in maniera approfondita, il contributo di tutti i relatori presenti all’evento.
SOMMARIO
Toggle- FLC CGIL: Gianna Fracassi
- CISL Scuola: Paola Serafin
- CGS: Rino Di Meglio
- Gilda Degli Insegnanti: Vito Carlo Castellana
- UIL Scuola: Francesca Ricci
- ANIEF: Daniela Rosano
- Francesco Rovida, Dirigente scolastico
- Avvocato del docente Latrecchiana: Massimiliano Crespi
- Vittima di un episodio di aggressione: docente Rocco Latrecchiana
- Il punto di vista politico: Irene Manzi
- Le parole del Sottosegretario di Stato del MIM: Paola Frassinetti
- Specialista della Scuola di Alta Formazione San Giuseppe Moscati: Trento Vacca
FLC CGIL: Gianna Fracassi
Ad aprire il dibattito è stata Gianna Fracassi, segretario generale della FLC CGIL, che ha affrontato il tema delle aggressioni al personale scolastico e sanitario, partendo dalla recente Legge del 4 Marzo 2024.
Fracassi ha esaminato la legge in questione, sviscerandola in due parti: una dedicata agli strumenti di supporto, come l’osservatorio per docenti, e l’altra di natura penale repressiva.
Pur riconoscendo la legittimità dell’inasprimento delle pene, l’esponente sindacale ha dichiarato che tali misure non sono deterrenti efficaci e non risolvono il problema. “Non basta intervenire penalmente“, ha aggiunto, sostenendo che la prevenzione è il fulcro per affrontare la complessità delle relazioni nella scuola e nelle famiglie.
Aumentano i casi di violenza
Sempre Fracassi ha evidenziato un aumento esponenziale di episodi di violenza provenienti non solo da studenti ma anche da genitori, citando un caso recente avvenuto in Campania.
“Dobbiamo inquadrare questa riflessione in un piano culturale ed educativo“, ha affermato, sottolineando la necessità di comprendere le cause profonde, tra cui il disagio giovanile e le difficoltà relazionali.
Il Segretario ha inoltre posto l’accento sulla necessità di una maggiore interazione tra scuola, famiglie e territorio, criticando l’attuale isolamento della scuola e l’eccessiva delega educativa da parte delle famiglie.
Fracassi ha proposto una rete di servizi sociosanitari e psicologici per supportare studenti e docenti, sottolineando come il definanziamento prolungato renda difficile costruire tali reti. “Serve una comunità educante allargata“, ha dichiarato, suggerendo un passaggio dalla scuola competitiva a una istituzione che cura e accoglie.
Serve un’alleanza scuola-famiglia
Il Segretario Fracassi ha analizzato la solitudine dei giovani, descrivendo come questo allentamento del ruolo educativo delle famiglie, spesso alimenti aggressività e tensioni.
“C’è una grande aspettativa nei confronti della scuola, e quando questa non risponde adeguatamente, si risponde con l’aggressività“, ha spiegato. Per affrontare questa complessità, ha proposto di ricostruire l’alleanza tra scuola e famiglia, oggi indebolita, anche attraverso modelli partecipativi.
In tal senso, ha citato il cinquantennale degli organi collegiali come occasione per riflettere su come rafforzare questo modello di coinvolgimento familiare e comunitario.
Infine, Fracassi ha denunciato i tagli previsti dalla legge di bilancio, che penalizzano l’organico scolastico e impediscono interventi educativi adeguati. Ha ribadito l’importanza di investire nella valorizzazione professionale e nella formazione degli insegnanti, oltre a promuovere un ambiente educativo favorevole.
“Se vogliamo una scuola della cura, servono visione, risorse e contratti adeguati“, ha concluso, lanciando un appello a proteggere e potenziare il sistema scolastico.
CISL Scuola: Paola Serafin
Paola Serafin, CISL Scuola, ha esordito affrontando il tema complesso delle aggressioni in ambito scolastico, sottolineando come questo fenomeno non sia esclusivamente italiano, ma globale, con ricerche condotte in Paesi come Stati Uniti, Canada e Brasile.
“In Italia, però, la violenza ha assunto caratteristiche specifiche,” ha spiegato Serafin, evidenziando la necessità di analisi più approfondite e dati affidabili per progettare risposte efficaci. Senza queste informazioni, ha dichiarato, “immaginare soluzioni diventa impossibile.”
Serafin ha sottolineato la progressiva perdita di prestigio della professione docente, aggravata dalla rappresentazione mediatica di insegnanti come figure marginali e dalla carenza di alleanze territoriali che, in passato, vedevano il coinvolgimento di altri attori, come allenatori sportivi o parrocchie.
“Oggi la scuola appare isolata,” ha osservato, descrivendo episodi di violenza, come minacce fotografiche o aggressioni dirette, spesso non denunciati dai docenti per senso di responsabilità verso gli studenti.
Il crescente precariato
Un altro tema centrale affrontato da Paola Serafin è stato il precariato crescente, che compromette la stabilità operativa delle scuole e l’efficacia dell’accoglienza degli studenti, aggravato da turnazioni frequenti tra docenti e collaboratori scolastici.
“Una scuola funzionante richiede continuità e meno burocrazia” ha affermato la rappresentante CISL Scuola, invitando a semplificare le pratiche amministrative per liberare il tempo dei docenti per attività educative.
Serafin ha poi richiamato l’attenzione sull’urgenza di una formazione adeguata per il personale scolastico, inclusi Dirigenti, al fine di gestire situazioni di rischio. “Il dirigente deve creare un ambiente sicuro” ha dichiarato, indicando il ruolo cruciale dei rappresentanti per la sicurezza e la necessità di strategie preventive per analizzare e contenere i rischi, specifiche per ciascun territorio.
Inoltre, Serafin ha sottolineato la necessità di ricostruire la fiducia tra scuola e famiglie, riconoscendo il valore formativo e sociale della scuola. “Durante il Covid, molti hanno capito l’importanza della scuola come luogo di socialità e crescita” ha ricordato, auspicando un impegno collettivo per sostenere reti sociali sane e ambienti sereni per studenti e personale.
Infine, Paola Serafin ha ribadito che servono investimenti specifici per valorizzare il lavoro scolastico e colmare il divario retributivo con altri settori. “Il recupero della dignità professionale passa anche attraverso il riconoscimento economico” ha concluso.
CGS: Rino Di Meglio
Rino Di Meglio, segretario generale della CGS, ha aperto il suo intervento ricordando come la confederazione che rappresenta includa categorie di lavoratori pubblici spesso esposti al rischio, come insegnanti e infermieri.
Il rappresentante CGS ha sottolineato come il problema delle aggressioni non sia limitato alla scuola, ma riguardi molti settori pubblici a contatto con l’utenza, come la sanità e i trasporti.
“È un’epidemia impressionante,” ha dichiarato, collegandosi alle osservazioni di Paola Serafin per ribadire l’importanza di avere dati precisi. “Conoscere per decidere” ha detto, citando Einaudi, evidenziando che senza un’analisi chiara è impossibile affrontare il fenomeno con efficacia.
Di Meglio ha ricordato che, nonostante la gravità degli episodi di violenza, questi vanno contestualizzati rispetto all’enorme numero di plessi scolastici italiani, oltre 40.000. Tuttavia, ha ribadito che ogni episodio è estremamente significativo per chi lo subisce.
Ha poi sottolineato che il problema della violenza non è esclusivamente italiano, ma si riscontra in molte democrazie occidentali. “Più lunga è la tradizione di libertà in un Paese, più sembra diffondersi la violenza” ha osservato, pur dichiarando che non è possibile trarre conclusioni definitive senza dati.
Il punto di vista normativo
Riguardo alle sanzioni penali introdotte dalla legge 25 del 2024, Di Meglio si è detto scettico sull’efficacia di tali misure. “Non servono pene più dure, ma pene certe e applicate rapidamente” ha spiegato, confrontando l’efficienza della giustizia in Italia con quella di Paesi vicini, come la Slovenia. Ha aggiunto che le leggi italiane sono spesso troppe e sovrapposte, creando incertezza del diritto.
Il segretario ha anche toccato il tema del prestigio sociale degli insegnanti, lamentando come sia calato rispetto a 60 anni fa, quando il maestro era una figura di riferimento nelle comunità. “Oggi il rispetto si è perso” ha detto, ricollegandosi al problema storico della scarsa retribuzione degli insegnanti italiani, definendola una “pessima tradizione” ereditata dall’antica Roma.
Infine, Di Meglio ha evidenziato che la violenza è spesso più grave in aree caratterizzate da disagio sociale e che affrontare il problema richiede un impegno collettivo, investimenti strutturali e una maggiore certezza del diritto.
Il rappresentante della CGS ha continuato il suo intervento ricordando che, sebbene non ci siano soluzioni semplici, il dialogo e la solidarietà tra i lavoratori rappresentano un primo passo verso il miglioramento. “Parlarci e starci vicini può fare la differenza” ha concluso.
Gilda Degli Insegnanti: Vito Carlo Castellana
Vito Carlo Castellana, ora rappresentante di Gilda degli Insegnanti, ha improntato il suo intervento dal punto di vista di un ex docente – quale lo stesso è stato – offrendo una riflessione profonda sui cambiamenti vissuti dalla scuola negli ultimi decenni.
“In vent’anni di insegnamento non ho mai subito aggressioni, ma il contesto è radicalmente cambiato” ha esordito, evidenziando come le rivoluzioni tecnologiche e culturali abbiano alterato il ruolo dell’insegnante e il significato stesso della scuola.
“Un tempo, la scuola era un luogo sacro, un tempio del sapere. Oggi è percepita diversamente, non più come un ascensore sociale.” Un esempio significativo di questo cambiamento è il messaggio veicolato dai media e dai social, che spesso svalutano lo studio e promuovono modelli basati sull’apparenza e sull’immediatezza. “Quando si afferma che la bellezza rende superfluo lo studio, si diffonde un messaggio devastante per i nostri ragazzi e le loro famiglie” ha dichiarato.
A questo si aggiunge, secondo il relatore, un sistema educativo sempre più burocratico e privo di umanità, in cui gli insegnanti devono fare attenzione a compilare perfettamente verbali e registri elettronici per evitare ricorsi legali. “Anche questa è una forma di violenza,” ha osservato, “la pressione costante legata a tutto ciò che non ha nulla a che fare con l’insegnamento.”
Scuole troppo grandi e dispersive
Castellana ha criticato le dimensioni delle scuole moderne, troppo grandi per consentire una vera relazione educativa. “Abbiamo perso quella dimensione umana che esisteva nelle scuole più piccole, dove il preside conosceva tutti gli studenti per nome” ha detto, denunciando l’attuale mancanza di identità e senso di appartenenza.
Inoltre, ha difeso la validità della lezione frontale, affermando che, nonostante le nuove metodologie didattiche, molti studenti apprezzano ancora i docenti che “vanno in classe e fanno lezione.”
Il relatore ha sottolineato la necessità di un’alleanza tra insegnanti e dirigenti scolastici. “Troppo spesso, invece di supportare un docente in difficoltà, si tende a penalizzarlo” ha dichiarato, citando episodi in cui dirigenti hanno difeso famiglie o studenti aggressivi a scapito degli insegnanti.
La necessità di collaborazione
Castellana ha elogiato il caso di una dirigente di Castellammare di Stabia che ha difeso una docente aggredita, contrapposto ad altre situazioni in cui i DS hanno scaricato la responsabilità sui docenti stessi.
Concludendo, ha invitato tutti a prendersi le proprie responsabilità nella scala dei ruoli e dei valori, sottolineando che il rispetto per gli insegnanti deve iniziare all’interno della scuola.
“Solo con un’azione collettiva e un cambiamento culturale possiamo restituire dignità e valore alla figura del docente” ha affermato, auspicando scuole più umane, investimenti adeguati e un sistema che non lasci soli gli insegnanti a fronteggiare sfide sempre più complesse.
UIL Scuola: Francesca Ricci
Francesca Ricci, segretaria nazionale della UIL, ha centrato il suo intervento su una parola che, secondo lei, è fondamentale per comprendere e affrontare le problematiche della scuola: rispetto.
“È una parola antica, come la dignità” ha dichiarato, sottolineando che il rispetto deve essere alla base del riconoscimento del lavoro degli insegnanti, troppo spesso svalutato o ridotto a una contrattazione insufficiente. “Se il lavoro dei docenti è incrementato senza giusto riconoscimento, allora c’è qualcosa che non funziona” ha aggiunto.
Ricci ha evidenziato come la scuola venga spesso considerata un’esperienza temporanea, mentre dovrebbe essere vista come un punto fermo nella costruzione del futuro. “Se rendiamo tutto temporaneo – il lavoro dei precari, il ruolo degli insegnanti, la presenza degli studenti – distruggiamo l’identità stessa della scuola,” ha affermato.
La Segretaria UIL ha criticato il sistema che rende gli insegnanti intercambiabili, definendolo “un errore gravissimo che nega l’unicità di ogni docente e di ogni studente.”
La comunità studentesca
Francesca Ricci ha poi spostato l’attenzione sugli studenti, sottolineando come il Covid abbia esacerbato fragilità preesistenti. Citando dati dell’ospedale Bambino Gesù, ha evidenziato che due milioni di adolescenti italiani soffrono di problemi come depressione, ansia, ritiro sociale e disturbi alimentari.
“In queste situazioni, la responsabilità educativa ricade quasi esclusivamente sugli insegnanti, che spesso non ricevono il supporto necessario” ha osservato, criticando l’insufficienza di figure come psicologi e pedagogisti nelle scuole.
Ricci ha inoltre affrontato il tema della crisi del patto educativo tra scuola e famiglie. “Questa relazione si è trasformata in un’interlocuzione burocratica e sterile, lontana dall’idea di partecipazione attiva e responsabilità condivisa” ha spiegato, invitando a rivedere anche leggi d’epoca come quella sugli organi collegiali del 1970, ormai inadeguata.
Infine, Ricci ha richiamato l’eredità di Don Milani, sottolineando come il rigore educativo e la centralità dell’istruzione rappresentassero un’opportunità e non un obbligo.
“Recuperare i ragazzi più fragili deve essere una priorità, perché sono proprio loro a darci le soddisfazioni più grandi” ha dichiarato, invitando a combattere la dispersione scolastica e il disprezzo per il lavoro educativo. “La chiave per ripartire è sempre il rispetto” ha concluso, chiudendo il cerchio su un tema che considera essenziale per il futuro della scuola.
ANIEF: Daniela Rosano
Daniela Rosano, segretaria nazionale dell’Anief, ha portato al centro del dibattito il punto di vista sindacale, focalizzandosi sulle radici culturali e sociali della violenza nella scuola e sulle azioni necessarie per contrastarla.
“La violenza nasce dalla mancanza di strumenti culturali” ha spiegato, sottolineando che chi esercita violenza spesso non ha altri mezzi per esprimersi. “Non è sorprendente in un paese dove il 60% delle persone non legge nemmeno un libro l’anno. La scuola, essendo parte della società, riflette questa crisi culturale.”
Rosano ha citato dati preoccupanti: più di 130 episodi di violenza registrati nel 2023 e oltre 40 nei primi mesi del 2024. “Metà delle aggressioni provengono dagli studenti, l’altra metà dai genitori. È emblematico che una delle ultime aggressioni sia scaturita da un voto in condotta troppo basso” ha osservato.
Secondo la sindacalista, inasprire le pene o reintrodurre il voto in condotta non è sufficiente come deterrente.
La crisi del rispetto per i docenti
Rosano ha denunciato un progressivo smantellamento del rispetto per i docenti, attribuendolo in gran parte alle politiche del legislatore. Ha criticato iniziative come la possibilità data ai genitori di scegliere o rifiutare docenti di sostegno non specializzati, definendola “una mortificazione della professionalità e del merito“.
Inoltre, ha evidenziato come i tagli agli organici e l’aumento del precariato abbiano peggiorato la situazione: “Oggi un docente precario su quattro si trova in condizioni di difficoltà crescenti rispetto a dieci anni fa.”
Ha poi ricordato un episodio personale: “Uno studente una volta mi disse, ‘Perché dovrei darle retta? Lei guadagna la metà di mio padre. A questo non ho saputo rispondere.” Questo esempio, secondo Rosano, riflette il declino del rispetto sociale per la professione docente.
Le sfide della burocrazia e del digitale
La rappresentante ANIEF Rosano ha denunciato l’eccesso di burocrazia, che comprime la libertà didattica dei docenti e aumenta il loro carico di lavoro: “Amici che lavorano fino a mezzanotte per completare documenti burocratici sono un esempio chiaro di questa pressione insostenibile.”
Rosano ha inoltre criticato l’influenza crescente della digitalizzazione nella scuola, promossa dal PNRR: “Stiamo digitalizzando tutto, ma siamo sicuri che avere un’interfaccia non empatica sia davvero utile? Non sta generando buoni frutti.”
Un altro aspetto problematico è la libertà di valutazione: “Se metto un voto negativo, mi trovo il dirigente scolastico che mi chiama perché il genitore si lamenta. Inoltre, fino alle medie è quasi impossibile bocciare.”
Soluzioni e appello alla politica
Secondo Rosano, per risolvere queste problematiche è necessario un intervento legislativo profondo: “Bisogna rimuovere le politiche che svalutano i docenti, stabilizzare il personale e ridurre il precariato. Gli aumenti contrattuali previsti non coprono nemmeno l’inflazione: siamo ancora il fanalino di coda della pubblica amministrazione.”
Ha concluso con un appello contro la degenerazione dei rapporti tra scuola e famiglia, spesso alimentata dalle “chat di genitori,” che ha definito “luoghi malefici dove si sfogano le frustrazioni personali senza comprendere il vero senso dell’istruzione.” Per Rosano, è essenziale ritrovare una visione condivisa e rispettosa del ruolo educativo della scuola.
Francesco Rovida, Dirigente scolastico
Francesco Rovida, Dirigente scolastico, ha aperto il suo intervento riflettendo sulla complessità del ruolo educativo e sul significato della scuola come “casa di tutti“.
Citando la canzone di Daniele Silvestri Argento Vivo, ha osservato come la percezione della scuola da parte degli studenti sia spesso conflittuale, riflesso di una crisi più ampia della società. “Chi aggredisce la scuola” ha dichiarato, “attacca non solo un’istituzione, ma anche una parte di sé, quella che rappresenta il futuro e la crescita individuale.”
Rovida ha sottolineato come la scuola debba essere un luogo in cui il clima scolastico positivo diventa centrale, evidenziando ricerche che dimostrano come un ambiente collaborativo e relazioni basate sul rispetto e sulla chiarezza delle norme migliorino il benessere degli studenti e prevengano episodi di violenza.
“Un clima scolastico sano non solo favorisce l’apprendimento, ma è un elemento preventivo contro comportamenti aggressivi, ha affermato.
La scuola come comunità educante
Il Dirigente Rovida ha evidenziato il valore della comunità educante, definita dall’articolo 32 del Contratto Nazionale di Lavoro come luogo di dialogo e crescita condivisa.
Rovida ha proposto di darle una forma concreta attraverso la collaborazione tra docenti e il coinvolgimento delle famiglie. “La comunità educante richiede lavoro, attenzione e uno sforzo condiviso per creare spazi e tempi che promuovano la partecipazione attiva” ha spiegato, sottolineando l’importanza di valorizzare il contributo di tutte le parti coinvolte: docenti, studenti, personale ATA, famiglie e dirigenti.
Il dirigente ha poi posto l’accento sul ruolo dell’insegnante, definendolo “ad alto tasso relazionale.” Ha descritto la necessità di andare oltre la preparazione tecnica per sviluppare competenze relazionali e capacità di gestione dei disagi degli studenti.
“Essere insegnanti non significa essere psicologi o assistenti sociali, ma persone che si occupano di relazioni” ha spiegato. Ha sottolineato l’importanza di una professionalità matura, capace di accogliere e tollerare i vissuti evocati dagli studenti, anche nei casi di comportamenti aggressivi o di ritiro.
Infine, Rovida ha richiamato i principi universali di educazione civica elaborati da Piaget, come il rispetto, la tolleranza e la responsabilità, definendoli una guida per il lavoro educativo.
Ha concluso con una citazione significativa: “Ricordiamoci che la scuola è al servizio dell’umanità,” sottolineando il compito irrinunciabile della scuola di promuovere una crescita autentica e relazioni sane, non solo tra studenti e insegnanti, ma nell’intera comunità scolastica.
Avvocato del docente Latrecchiana: Massimiliano Crespi
Ha preso parte all’evento anche Massimiliano Crespi, avvocato e difensore del professore Rocco Latrecchiana, recentemente aggredito da uno studente, che ha aperto il suo intervento richiamando l’attenzione sulla gravità dell’episodio.
“Non si tratta solo di bullismo,” ha chiarito, “ma di un vero e proprio reato che sarà affrontato in sede penale.” Crespi ha sottolineato di aver riflettuto molto sulle problematiche scolastiche ascoltando le esperienze dei docenti e dialogando con gli studenti durante lezioni su bullismo e diritto processuale penale.
Crespi ha descritto l’attuale situazione come una “crisi culturale e sociale,” aggravata sia dalla pandemia, che ha interrotto i rapporti interpersonali, sia dall’influenza diseducativa dei social media.
Le possibili soluzioni
Passando alle soluzioni, Crespi ha evidenziato la necessità di un approccio educativo più che punitivo. “Le sanzioni repressive possono essere controproducenti, ha spiegato, “mentre strumenti come la messa alla prova, ispirati ai modelli anglosassoni, offrono ai ragazzi l’opportunità di responsabilizzarsi.”
L’avvocato ha citato esempi pratici, come i lavori di pubblica utilità, che potrebbero essere applicati anche in ambito scolastico: “Far verniciare una scuola o tagliare l’erba di un giardino potrebbe insegnare il valore del rispetto per la comunità.”
Crespi ha proposto di integrare una politica scolastica antibullismo basata sulla mediazione. “Bisogna coinvolgere studenti, famiglie e docenti in un dialogo costruttivo” ha detto, suggerendo la creazione di protocolli che prevedano incontri immediati tra le parti coinvolte.
Massimiliano Crespi ha ribadito che gli insegnanti non devono essere percepiti come nemici, ma come alleati delle famiglie nel processo educativo. “Solo un confronto empatico e onesto può rompere il circolo vizioso del bullismo.”
L’avvocato ha anche affrontato l’importanza di sensibilizzare gli studenti stessi. “Gli osservatori passivi rafforzano il bullo”, ha sottolineato, “è fondamentale educare i ragazzi a intervenire, rompendo il silenzio complice che alimenta la prepotenza.”
Rivolgendosi agli insegnanti, Crespi ha riconosciuto la difficoltà del loro lavoro: “Avete in mano il futuro, perché i ragazzi di oggi saranno gli adulti di domani.”
L’avvocato ha concluso, ricordando che i giovani devono comprendere che il loro comportamento ha conseguenze e che la scuola, come “strumento di pace” deve essere il luogo dove imparano a rispettare le regole e gli altri. “Solo così possiamo sperare in una società più giusta e rispettosa.”
Vittima di un episodio di aggressione: docente Rocco Latrecchiana
Rocco Latrecchiana, docente e protagonista, suo malgrado, di una vicenda di aggressione ha condiviso una riflessione personale basata sulla sua esperienza, cercando di offrire spunti per migliorare il contesto scolastico.
Il docente ha esordito sottolineando la complessità del ruolo di insegnante, un lavoro che, pur comportando grandi responsabilità, può restituire immense soddisfazioni, specialmente nell’aiutare studenti con difficoltà.
Un’educazione oltre le nozioni
Latrecchiana ha evidenziato che l’insegnamento non si limita alla trasmissione di nozioni scolastiche, ma include l’importante compito di insegnare ai ragazzi a vivere serenamente all’interno della comunità.
Il professore ha ricordato che già negli anni Novanta si discuteva di disagio giovanile, e ha elogiato le iniziative scolastiche di quel periodo, come i laboratori teatrali e musicali, che permettevano agli studenti di esprimersi e creare legami oltre il contesto puramente accademico.
“Attraverso il teatro, ci si può immedesimare in altre persone, comprendere i loro sentimenti e forse imparare a gestire meglio le proprie azioni,” ha spiegato, proponendo queste attività come strumenti per ridurre tensioni e migliorare l’ambiente scolastico.
Spazi scolastici da ripensare
Latrecchiana ha poi posto l’accento sull’importanza degli ambienti scolastici. Ha descritto molte scuole italiane come “vecchi edifici riadattati,” sottolineando l’urgenza di ripensare gli spazi scolastici in modo più moderno e dinamico.
Ha citato, a tal proposito, esempi dal Nord Europa – come le lezioni all’aperto in Finlandia – suggerendo che ambienti più aperti e flessibili potrebbero contribuire a ridurre le tensioni.
“In Italia, abbiamo visto alcuni interventi innovativi grazie al PNRR, ma sono ancora pochi. Ripensare le scuole non solo come luoghi di studio, ma anche come spazi di benessere potrebbe fare la differenza” ha detto.
L’esperienza personale e le sfide emotive
Parlando della sua aggressione, Latrecchiana ha confessato di aver superato fisicamente l’episodio, ma di provare ancora un certo disagio emotivo. “Le offese verbali che hanno preceduto l’aggressione mi feriscono ancora” ha ammesso, aggiungendo che l’accaduto potrebbe essere stato il risultato di una serie di coincidenze.
Ha riflettuto anche sulla struttura del sistema scolastico, evidenziando come la separazione precoce tra indirizzi tecnici, professionali e liceali a soli 14 anni possa rappresentare una difficoltà per molti ragazzi.
“Forse, a quell’età, non si è ancora maturi per fare una scelta così determinante” ha osservato, suggerendo un possibile ripensamento del percorso scolastico per evitare separazioni troppo precoci.
Latrecchiana ha chiuso il suo intervento sottolineando che il miglioramento dell’ambiente scolastico richiede uno sforzo collettivo e innovativo. “Le relazioni più approfondite sono già state fatte dai relatori precedenti. Io ho solo voluto condividere il mio piccolo pensiero.”
Il punto di vista politico: Irene Manzi
È intervenuta al dibattito anche l’Onorevole Irene Manzi, Responsabile Nazionale Scuola del Partito Democratico, che ha affrontato il tema della violenza nelle scuole, sottolineando come essa rifletta una più ampia crisi educativa e sociale.
“La scuola è da sempre uno specchio della società” ha affermato, evidenziando come le difficoltà sociali si riflettano anche nelle generazioni più giovani. Manzi ha dichiarato che le sole misure sanzionatorie previste dalla legge 25 del 4 marzo 2024, tra cui pene pecuniarie e inasprimento delle sanzioni penali, non siano sufficienti per affrontare il problema.
“La prevenzione è fondamentale”, ha aggiunto, “e va sostenuta da un’azione educativa e culturale che coinvolga tutta la comunità scolastica.”
Secondo Manzi, il provvedimento manca di una strategia efficace, criticando l’assenza di risorse per promuovere interventi concreti e sostenendo che “la clausola di invarianza finanziaria depotenzia qualunque possibilità di realizzare cambiamenti reali.”
L’importanza del dialogo
L’Onorevole Manzi ha sottolineato la necessità di lavorare sul benessere della comunità scolastica attraverso il dialogo tra docenti, studenti e famiglie, e il coinvolgimento di figure specialistiche come psicologi e pedagogisti.
“La scuola deve educare al rispetto” ha affermato, ribadendo che l’autorevolezza del docente va recuperata attraverso un riconoscimento sociale ed economico adeguato.
Manzi ha poi criticato l’approccio esclusivamente punitivo del governo, che a suo avviso non affronta le radici della violenza. “Limitarsi alla sanzione penale non evita questi fenomeni e non promuove un cambiamento culturale,” ha spiegato.
Manzi ha evidenziato come l’assenza di dialogo con rappresentanze studentesche e genitoriali rappresenti un’occasione mancata per creare norme realmente condivise. Ha, poi, aggiunto che “l’obiettivo non deve essere solo punire, ma prevenire,” favorendo un clima di serenità e benessere nelle scuole.
Infine, l’Onorevole ha posto l’accento sulla necessità di una visione più ampia, che vada oltre la scuola per coinvolgere l’intera società. “Il rispetto per la figura del docente richiede un impegno collettivo e una strategia integrata” ha concluso, auspicando interventi che non si limitino alla propaganda ma che tengano realmente a cuore il benessere quotidiano dell’ambiente scolastico.
Le parole del Sottosegretario di Stato del MIM: Paola Frassinetti
L’Onorevole Paola Frassinetti, Sottosegretario di Stato del Ministero dell’Istruzione e del Merito, ha affrontato il tema delle aggressioni in ambito scolastico, definendolo una questione di “grande rilevanza sociale.”
Nel suo intervento, Frassinetti ha sottolineato come il fenomeno delle aggressioni al personale scolastico sia più diffuso di quanto si creda, con dati allarmanti: “Secondo un rapporto della Polizia, nel corso di un anno, si sono registrate 133 denunce di attacchi avvenuti nelle scuole secondarie superiori, un fenomeno nazionale che desta grande preoccupazione.”
Gli interventi legislativi
Frassinetti ha illustrato le recenti misure adottate per affrontare il problema, a partire dalla Legge n.25 del 4 marzo 2024, che inasprisce le pene per chi aggredisce il personale scolastico.
La Legge introduce anche provvedimenti per prevenire la violenza e sensibilizzare studenti e famiglie. “Il docente è tutelato con numerosi nuovi provvedimenti” ha spiegato, facendo riferimento alla circolare dell’8 febbraio 2023 che prevede il supporto dell’Avvocatura Generale dello Stato per affrontare casi di aggressioni, sia in ambito civile che penale.
Paola Frassinetti ha poi menzionato la riforma del codice di comportamento studentesco, che assegna un nuovo peso alle condotte degli studenti e alle responsabilità dei docenti.
L’Onorevole ha spiegato che “negli istituti secondari, se uno studente non raggiunge almeno il sei in condotta, sarà automaticamente bocciato.” Questa stretta, ha precisato, ha uno scopo educativo.
Sospensioni educative e responsabilità
Una delle novità più significative riguarda il modo in cui vengono gestite le sospensioni. Invece di essere un semplice allontanamento dalla lezione, gli studenti sospesi saranno coinvolti in attività di cittadinanza solidale. “Questo approccio mira a trasformare la punizione in un’opportunità educativa,” ha sottolineato.
Infine, Frassinetti ha chiarito che chi aggredisce un insegnante non solo dovrà affrontare le conseguenze legali, ma sarà anche obbligato a risarcire il docente aggredito. “Queste misure hanno l’obiettivo di ristabilire il rispetto per il personale scolastico e promuovere un clima di responsabilità all’interno delle scuole” ha concluso.
Specialista della Scuola di Alta Formazione San Giuseppe Moscati: Trento Vacca
A chiudere il dibattito le parole di Trento Vacca, esperto di formazione scolastica della Scuola di Alta Formazione “San Giuseppe Moscati”, che ha offerto una riflessione approfondita sul ruolo del formatore e sull’importanza di dotare i docenti di strumenti moderni e pratici per affrontare le sfide educative attuali.
Trento Vacca ha aperto il suo intervento riconoscendo che le problematiche della scuola sono complesse e multifattoriali, ma ha evidenziato la prospettiva del formatore: “Cosa possiamo fare noi per risolvere questa problematica urgente?”
Vacca si è soffermato sull’importanza della formazione iniziale e continua dei docenti, mettendo in evidenza che, pur essendo stati introdotti corsi psico-antropologici, c’è ancora molto spazio per migliorare.
Comunicazione efficace: il cuore della relazione educativa
Uno dei punti cardine dell’intervento del formatore è stata la comunicazione efficace, considerata non solo un’abilità accessoria, ma una vera e propria scienza.
Vacca ha sottolineato come una buona comunicazione verbale, paraverbale e non verbale possa prevenire conflitti, favorire un ambiente scolastico positivo e migliorare le relazioni con gli studenti.
“Oggi le aziende che vogliono progredire investono sulla comunicazione. Perché la scuola non dovrebbe fare lo stesso?” ha chiesto l’esperto, suggerendo di integrare tecniche avanzate di comunicazione e negoziazione nella formazione dei docenti.
Leadership e gestione dei conflitti
Vacca ha ribadito che il docente è, di fatto, un leader all’interno della classe, ma ha sottolineato che questa competenza non è innata, né si sviluppa automaticamente con l’esperienza. Ha proposto di trattare la leadership come una materia formativa a sé stante, insegnando ai docenti a gestire i conflitti con strumenti pratici, come il “mirroring” e le tecniche di de-escalation. “Non basta imporre l’autorità; bisogna creare un rapporto di fiducia con lo studente” ha spiegato.
L’importanza di valorizzare i talenti
Un altro tema chiave è stato quello dell’orientamento scolastico e della valorizzazione dei talenti individuali. Vacca ha lamentato che molti studenti, già nei primi anni delle superiori, si rendono conto di aver scelto un indirizzo sbagliato.
Il formatore ha, per questo, invitato le scuole a investire di più nell’orientamento, identificando le potenzialità degli studenti e aiutandoli a trovare il loro percorso ideale. Vacca ha concluso il suo intervento con un invito a cambiare mentalità rispetto alla scuola: “Non studiamo per diventare qualcosa, studiamo per comprendere la vita.”
Per tutte queste ragioni, l’esperto Trento Vacca ha consigliato il corso offerto dalla Scuola di Alta Formazione San Giuseppe Moscati “Gestione Efficace della Classe“, per fornire ai docenti strumenti pratici per migliorare la loro leadership, la gestione dei conflitti e il clima scolastico.
Vacca ha offerto una visione ispirante e concreta, invitando a ripensare la scuola come uno spazio in cui il docente è un leader consapevole e gli studenti trovano il loro talento, in un clima positivo e inclusivo.