Trattenimento in servizio fino a 70 anni? Dal 2025 il panorama previdenziale per i dipendenti pubblici – dagli enti locali alla scuola, dalla sanità alla giustizia – cambia volto. L’età anagrafica per il pensionamento d’ufficio passa da 65 a 67 anni, in linea con la pensione di vecchiaia.
Ma non finisce qui: le amministrazioni possono chiedere a personale selezionato di restare al lavoro fino ai 70 anni. Le regole sono cambiate, e vale la pena capire come.
La fine del pensionamento obbligatorio a 65 anni
Fino allo scorso anno, chi tra i dipendenti pubblici raggiungeva i 65 anni e aveva maturato i requisiti contributivi per la pensione, era collocato automaticamente a riposo.
Ora non più. Con l’ultima legge di bilancio, quel limite è stato allineato all’età utile per ottenere la pensione di vecchiaia, ovvero i 67 anni.
Per chi avesse già avuto piani di cessazione del servizio, la norma offre spazi di scelta: si può infatti decidere di posticipare l’uscita oppure formalizzare le dimissioni volontarie, mantenendo la possibilità di decidere liberamente la data di fine rapporto.
Trattenere dopo i 67 anni? Solo con un sì e un motivo valido
Non tutti potranno restare in servizio fino ai 70 anni: non si tratta di un diritto automatico, bensì di una possibilità riservata alle amministrazioni pubbliche.
È l’ente di appartenenza a valutare se ha bisogno di personale “esperto” per affiancamenti, tutoraggi o continuità operativa irrinunciabile. Solo dopo una valutazione puntuale, inserita nei piani di programmazione, può essere selezionato chi potrà restare e solo se ha prestazioni meritorie.
È un meccanismo basato sulla discrezione, sulla trasparenza e sul consenso del dipendente. E neppure tutte le amministrazioni possono usarlo in modo massiccio: la legge ferma il limite di posti al 10% delle nuove assunzioni previste dall’ente, così da evitare disuguaglianze o favoritismi.
Cosa rischiano i dipendenti tra 65 e 67 anni?
Chi decide di lasciare volontariamente il servizio tra i 65 e i 67 anni, anche avendo maturato i requisiti per la pensione anticipata, non può usufruire delle agevolazioni previste dalle norme di salvaguardia per il pensionamento obbligatorio.
In questo caso, il calcolo della pensione segue le regole ordinarie, con aliquote standard, senza bonus o vantaggi aggiuntivi.
Sul fronte previdenziale, chi ha meno di 15 anni di contributi al 1995 non può contare sulle quote retributive più favorevoli e vede applicata un’aliquota ridotta per il calcolo dell’importo finale.
FAQ
Ecco 5 fra le FAQ maggiormente richieste in merito alla questione età pensionabile per i pubblici dipendenti.
Qual è la nuova età di pensionamento obbligatorio per i dipendenti pubblici?
Dal 2025 l’età per il collocamento d’ufficio in pensione è fissata a 67 anni, in linea con il requisito della pensione di vecchiaia
Chi si dimette tra i 65 e i 67 anni ha diritto a deroghe?
No, le dimissioni volontarie in questa fascia di età non danno diritto a eccezioni. Le deroghe valgono solo per cessazioni obbligatorie.
È possibile restare in servizio oltre i 67 anni?
Sì, ma solo se l’amministrazione lo richiede e il dipendente accetta. In questo caso il servizio può prolungarsi fino a 70 anni.
Quali categorie di dipendenti sono coinvolte?
La norma riguarda i lavoratori iscritti alle casse Cpdel, Cps, Cpi e Cpug, cioè enti locali, sanità, scuola e giustizia.
Come incide sui lavoratori con meno di 15 anni di contributi?
Per chi non ha maturato 15 anni al 31 dicembre 1995 e non rientra nelle deroghe, viene applicata un’aliquota di rendimento del 2,5% per anno.