Fascicolo FLC CGIL e Stipendi Docenti 2025: le Incognite della Manovra tra Rinnovi e Precariato

La Scuola Oggi

1 Settembre 2025

Copertina del fascicolo FLC CGIL

Fascicolo FLC CGIL e Stipendi Docenti 2025: le Incognite della Manovra tra Rinnovi e Precariato

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Gli stipendi docenti 2025 rappresentano il fulcro delle preoccupazioni per il mondo della scuola in vista della prossima Legge di Bilancio. Con l’avvio del nuovo anno scolastico, l’attenzione di insegnanti e personale ATA è rivolta alle decisioni che il Governo prenderà entro ottobre, in un quadro economico che lascia presagire scelte complesse. Il rinnovo contrattuale, la lotta all’inflazione e la piaga del precariato sono i nodi fondamentali che la manovra dovrà affrontare per dare risposte concrete al settore.

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La Manovra Finanziaria e l’Impatto sugli Stipendi Docenti 2025

Il contesto macroeconomico che fa da sfondo alla prossima Legge di Bilancio presenta elementi di forte incertezza. Una crescita del PIL stimata in ribasso (0,6%) e i vincoli imposti dal nuovo Patto di Stabilità Europeo riducono sensibilmente i margini di manovra per nuovi investimenti. 

Tale scenario economico impone scelte di spesa rigorose, con la conseguenza che le risorse da destinare a settori strategici come l’istruzione pubblica potrebbero essere limitate. 

Ne deriva una notevole apprensione riguardo alla capacità del Governo di finanziare adeguatamente il rinnovo contrattuale e, di conseguenza, di garantire un adeguamento per gli stipendi docenti 2025, che da anni subiscono gli effetti dell’erosione del potere d’acquisto a causa dell’inflazione.

Rinnovo Contrattuale: Risorse Inadeguate di Fronte all’Inflazione

Una delle questioni più sentite dal personale scolastico è quella relativa al rinnovo del contratto Istruzione e Ricerca 2022-2024

Le risorse stanziate dall’esecutivo, secondo le analisi presenti nel Fascicolo del sindacato FLC CGIL, coprono appena un terzo dell’inflazione registrata nel triennio di riferimento. Una situazione che si traduce in una perdita netta del potere d’acquisto per docenti e ATA. 

Le iniziative alternative, come la polizza sanitaria promossa dal Ministro Valditara, vengono viste come soluzioni palliative che non affrontano il problema strutturale degli stipendi. 

Misure di questo tipo, inoltre, finiscono per sottrarre fondi destinati al funzionamento ordinario delle scuole e, soprattutto, escludono un’ampia fetta di lavoratori, come i precari con contratto a tempo determinato, acuendo le disparità.

Fascicolo FLC CGIL e Stipendi Docenti 2025: alcuni insegnanti si confrontano sul rinnovo contrattuale

L’Emergenza Precariato e le Sue Ripercussioni Economiche

La precarietà nel settore scolastico è un’emergenza che assume contorni sempre più vasti. I dati evidenziano un aumento costante del personale con contratti a termine, una condizione che genera profonda instabilità economica e professionale. 

Tant’è che nel fascicolo della FLC CGIL viene sottolineato come, sotto l’attuale Governo, il numero di precari sia cresciuto senza che venissero implementati percorsi di stabilizzazione efficaci. Questa mancanza di visione a lungo termine non solo danneggia i singoli lavoratori, ma indebolisce l’intero sistema d’istruzione

L’assenza di investimenti per la stabilizzazione si collega direttamente al tema degli stipendi docenti 2025, poiché un sistema basato sulla precarietà non potrà mai garantire una reale valorizzazione economica e professionale del personale.

Rischio Privatizzazione e Visione per il Futuro della Scuola

La persistente carenza di investimenti nel sistema pubblico, a partire da retribuzioni adeguate e percorsi di stabilizzazione, alimenta il timore di una deriva verso la privatizzazione del settore

Secondo il sindacato, la mancanza di risorse è una scelta politica che mira a indebolire la scuola statale. L’esaurimento dei fondi del PNRR, previsto per il 2026, rischia di lasciare un sistema ancora più fragile, incapace di affrontare le grandi sfide del futuro. 

In questo contesto, anche interventi come la revisione delle Indicazioni Nazionali vengono criticati perché ritenuti anacronistici e non in grado di offrire una visione moderna

Garantire un futuro alla scuola pubblica significa investire in modo strutturale, a cominciare da stipendi docenti 2025 dignitosi e dalla fine del precariato.

Comunicato stampa

Il primo appuntamento che riguarderà i nostri settori sarà la prossima legge di bilancio che il Governo dovrà varare entro ottobre e che necessariamente dovrà fare i conti con le con le condizioni interne ed esterne – guerre e dazi commerciali- che influenzeranno pesantemente un Paese fragile come il nostro. 

La narrazione ottimistica del Governo si sta infrangendo su alcuni dati e condizioni molto concreti. In primo luogo, il PIL italiano è atteso con una crescita dimezzata (0,6%) rispetto alla stima prevista nella passata legge di bilancio. La manovra 2025 ha utilizzato quasi integralmente gli spazi di bilancio disponibili e quindi nuovi interventi saranno possibili o attraverso aumenti di entrate – fiscali – o riduzioni di spesa. Le uniche deviazioni in debito consentite dalla Commissione Europea saranno quelle contenute nel piano REArm Europe – Readiness 2030 per rafforzare le capacità di difesa e sicurezza degli Stati membri per finanziare maggiori spese per la difesa. A questo quadro dobbiamo aggiungere le regole del Patto di stabilità Europeo che impongono al nostro Paese parametri più stringenti e una riduzione già nel 2026 dello 0,5% del rapporto deficit/Pil. 

Questo quadro imporrebbe scelte forti e radicali sia sul versante fiscale che sul versante sociale. Sul primo punto sarebbe necessario correggere la regressività del sistema fiscale che premia i contribuenti più ricchi e contrastare più efficacemente l’evasione e l’elusione fiscale e non preannunciare nuove rottamazioni o condoni che dir si voglia. Sul versante sociale esiste e si aggrava la questione salariale, favorita anche dall’aumento della condizione di precarietà. 

Fascicolo FLC CGIL e Stipendi Docenti 2025: un insegnante analizza sconsolato il proprio stipendio

Nel nostro Paese, infatti, i salari reali sono diminuiti negli ultimi anni e rimangono ancora significativamente inferiori ai livelli del 2021, come certificato da tutte le istituzioni nazioni e internazionali e da ultimo anche da OCSE. Nei settori della conoscenza la situazione è ulteriormente aggravata da un decennio (mai recuperato) di blocco della contrattazione collettiva nazionale a cui diede il via la stessa maggioranza che oggi è di nuovo al Governo

Le risorse che l’esecutivo ha previsto per il rinnovo del contratto Istruzione e Ricerca 2022-2024 ammontano a circa un terzo dell’inflazione registrata nello stesso periodo e confermano la volontà di disinvestimento e di mancata valorizzazione dei lavoratori e delle lavoratrici di scuola, università ricerca e AFAM. A nulla servono i palliativi messi in campo, ad esempio nella scuola da Valditara, che, mentre da un lato non riesce a spuntare un euro in più per gli stipendi di docenti e ATA, dall’altro si inventa benefit nel disperato tentativo di indorare la pillola amara, a scapito però delle risorse dedicate al funzionamento delle scuole e degli studenti come nel caso della polizza sanitaria, escludendo tra l’altro il 20% dei lavoratori rappresentato dai precari docenti e ATA con contratti al 30 giugno.

A gennaio 2025 abbiamo denunciato pubblicamente la condizione disastrosa in cui versano i nostri settori e abbiamo resi pubblici i numeri dei precari della conoscenza. Possiamo dire oggi con certezza che quei numeri sono stati ampiamente superati e che senza dubbio il Governo Meloni, con il duo Valditara-Bernini, è il Governo che più di altri ha aumentato il numero dei precari nei settori della conoscenza, non solo senza prevedere adeguati processi di stabilizzazione ma addirittura introducendo interventi penalizzanti (il preruolo della Bernini) o perfino iniqui (la maxi-sanatoria dei titoli esteri per i precari di sostegno). 

La condizione di precarietà che affligge scuola università e ricerca rende palese la scarsa lungimiranza di chi, piegato alla ricerca del consenso a breve termine, se ne infischia allegramente dei processi di sviluppo economici e democratici che trovano il loro fulcro in investimenti a lungo termine nell’istruzione, nella formazione e nella ricerca pubbliche. Inoltre, uno degli obiettivi che spiega la mancanza di investimenti nei nostri settori è esattamente la propensione verso la privatizzazione del sistema statale di istruzione, formazione e ricerca. La fine – ingloriosa- del PNRR nel 2026 ci restituirà la fotografia di un Paese che nonostante la mole di miliardi da investire, non solo cresce meno degli altri, ma soprattutto non ha costruito quelle leve pubbliche di sviluppo tecnologico e scientifico indispensabili per affrontare le grandi trasformazioni e transizioni (verde digitale e demografica) che rappresentano la sfida a lungo termine per tutti noi. 

Infine, anche sul versante democratico certifichiamo un arretramento. Non solo per i contenuti del cosiddetto Decreto sicurezza approvato a giugno scorso. È grave quanto prodotto sui processi di partecipazione democratica e quanto ci si appresta a predisporre nel cosiddetto DDL Semplificazioni. E per quanto riguarda i nostri settori è grave la pletora di micro interventi finalizzati a introdurre un modello autoritario e non autorevole di scuola. Il “rispettismo” di cui si nutre la propaganda del Valditara di turno, non è altro che la rappresentazione dell’incapacità, in primis culturale oltre che politica, di affrontare le sfide prima di tutto sul versante educativo di questo tempo della complessità che stiamo attraversando. Esempio lampante di questa incapacità di visione e di futuro sono le Indicazioni nazionali per il primo ciclo di istruzione che con un ossimoro audace vengono aggettivate come Nuove. Non c’è nulla di più vecchio e retrivo, oltre che povero dal punto di vista culturale, dei contenuti che sono stati approvati qualche settimana fa.

D’altro canto però, nei mesi scorsi abbiamo registrato segnali importanti: la vittoria alle elezioni per le RSU della FLC CGIL (unico) sindacato che si è opposto strenuamente alle politiche di questo Governo, le mobilitazioni dei precari dell’università contro il DDL Bernini o le iniziative dei precari della ricerca a partire dall’occupazione del CNR, l’indignazione diffusa e la risposta delle scuole al varo delle Indicazioni nazionali per il primo ciclo. C’è una parte consistente dei lavoratori e delle lavoratrici che non si arrende a questa deriva, che lotta per difendere non solo il proprio posto di lavoro ma i diritti e le libertà che sottendono ad esso: il diritto all’istruzione, la libertà di ricerca e di insegnamento. La FLC CGIL è e sarà sempre al loro fianco, perché il nostro impegno è sostenuto dalle ragioni e dai valori che vent’anni fa, nel 2006, videro nascere la nostra Federazione: 

  • elaborare una proposta che sostenga un’altra idea possibile di sistema d’istruzione, formazione e ricerca, alternativo alle logiche neoliberiste;
  • dare una risposta a tutti i cittadini che s’interrogano sul rischio di una società e di un futuro sempre più diseguale;
  • valorizzare il ruolo e la capacità di proposta delle lavoratrici e dei lavoratori che operano nella conoscenza, che devono essere considerati i protagonisti di un’altra idea possibile;
  • riaffermare l’autonomia della FLC rispetto al quadro politico e al Governo, nella certezza che valori e diritti fondamentali trovano la loro ragione d’essere nel dettato Costituzionale. L’autonomia del sindacato, il suo essere soggetto indipendente portatore di interessi e di progettualità, insieme con una forte etica della responsabilità individuale e collettiva sono tratti fondativi della CGIL e della FLC.