Il caso Nivarra, ovvero del professor Luca Nivarra, docente dell’Università di Palermo, torna al centro del dibattito pubblico con un nuovo intervento sui social media. Dopo le polemiche scaturite dal suo appello a “togliere l’amicizia su Facebook agli ebrei”, il professore ha pubblicato un messaggio di scuse, accompagnato però da una ferma denuncia del trattamento mediatico ricevuto. La vicenda solleva complessi interrogativi sulla responsabilità accademica e sui confini della libertà di pensiero.
Con un nuovo post, il professor Nivarra ha espresso le sue scuse a quanti si sono sentiti feriti dalle sue parole e al Rettore dell’Ateneo palermitano. Il docente si assume pienamente la responsabilità del suo gesto, ma sposta poi l’attenzione sulla reazione mediatica e pubblica che ne è seguita.
Lo stesso denuncia di aver ricevuto insulti e minacce, estesi anche alla sua famiglia, con un linguaggio che definisce “da caserma”.
L’elemento più grave, secondo la sua analisi, è l’operazione di “mostrificazione” messa in atto da alcuni organi di stampa dopo il suo invito a “togliere l’amicizia su Facebook agli ebrei“.
L’obiettivo, a suo dire, sarebbe stato quello di costruire un vero e prorio “caso Nivarro” e un personaggio negativo da offrire all’opinione pubblica, unendo all’accusa di antisemitismo anche quella di disonestà, in una logica che non ammette dialogo né comprensione e mira a demolire l’avversario senza fare prigionieri.
Vicende giudiziarie e nesso mediatico: la difesa del docente
Un punto focale della difesa del professore riguarda il collegamento, operato da alcune testate giornalistiche, tra il suo post e le sue passate vicende giudiziarie.
Nivarra ritiene tale nesso inesistente e strumentale, finalizzato unicamente a screditarlo.
E nel suo post – con il quale punta a chiudere definitivamente il caso Nivarro – riassume sinteticamente il suo percorso legale: un avviso di garanzia nel 2016 per truffa e falso, un arresto per peculato nel 2017 e, infine, una sentenza del 2023 che lo ha assolto con formula piena dai primi due reati e ha derubricato il peculato in appropriazione indebita, dichiarandone la prescrizione.
Pur con un appello in corso, il docente interroga il pubblico sulla pertinenza di tali informazioni rispetto al dibattito sul conflitto israelo-palestinese, suggerendo che il loro unico scopo fosse alimentare l’immagine di un “professore comunista, antisemita e anche ladro“.
Caso Nivarra, la responsabilità accademica e i confini della libertà d’espressione
L’episodio riaccende una discussione determinante sui limiti della libertà di espressione per chi ricopre un ruolo pubblico, specialmente nel mondo dell’istruzione.
La responsabilità accademica impone un equilibrio delicato tra il diritto alla critica politica, anche la più aspra, e il dovere di evitare generalizzazioni che possano alimentare discriminazione o odio.
La ferma presa di distanza del Rettore dell’Università di Palermo, Massimo Midiri, e della Ministra dell’Università, Anna Maria Bernini, ha tracciato una linea netta: la legittima condanna delle azioni di un governo non può tradursi in un attacco a un’intera comunità su base religiosa.
La distinzione tra critica e isolamento è un punto essenziale, poiché le università devono rimanere luoghi di dialogo e inclusione, non di polarizzazione.
La difesa didattica: tra diritto civile e memoria della Shoah
Per contrastare l’immagine di “cattivo professore” e di indottrinatore, il professore palermitano conclude il suo intervento nell’ambito del caso Nivarro con alcuni riferimenti alla sua attività didattica.
Sottolinea come il suo insegnamento, Diritto Civile 2, tratti argomenti tecnici come le fonti delle obbligazioni e il fatto illecito, lontani da ogni possibile strumentalizzazione ideologica.
A riprova del suo approccio culturale, egli menziona di aver proiettato in aula due film di enorme peso storico: “Der Triumph des Willens” di Leni Riefenstahl sul congresso nazista di Norimberga e “Conspiracy“, dedicato alla conferenza di Wannsee sulla “soluzione finale”.
Aggiunge, inoltre, che il suo manuale di Diritto Privato si apre con una citazione del rabbino Chofetz Chaim. Tali elementi sono presentati dal docente come prova tangibile del suo distacco da ogni forma di antisemitismo e come testimonianza di un impegno didattico volto a stimolare la complessità del pensiero critico.
Caso Nivarra: il post su Facebook
“Mi sono scusato con quanti possano essere stati feriti dal mio post: l’intenzione non era certamente quella ma, ad ogni modo, la responsabilità è soltanto mia. Mi sono scusato con il M.R. della mia Università, per averlo messo nelle condizioni di prendere le distanze da quanto, con troppa veemenza, un professore del suo Ateneo – al quale siamo entrambi molto legati- aveva dichiarato.
Adesso, però, voglio dire qualcosa sul modo in cui sono stato trattato qui e anche da alcuni organi di stampa, uno dei quali particolarmente autorevole. Sorvolerò sugli insulti e le minacce indirizzate a me e alla mia famiglia: insulti tutti che hanno attinto ad ogni possibile variante del gergo da caserma, almeno delle caserme di una volta.
Ma c’è un aspetto che mi preme sottolineare più di ogni altro ed è questo: il foglio autorevole cui alludevo in precedenza ed in più qualche giornalino on line e anche qualche singolo difensore ad oltranza di Net, attivo su FB, hanno ritenuto fosse necessario, al fine di meglio inquadrare il personaggio, riferire per grandi linee lo svolgimento delle due vicende giudiziarie in cui sono rimasto coinvolto negli ultimi anni.
Essendo il diretto interessato, mi sembra giusto portare a conoscenza del pubblico di FB come stiano le cose: non vi preoccupare, sarà un discorso molto breve. Nell’autunno del 2016 vengo raggiunto da un avviso di garanzia per i reati di truffa ai danni dello Stato e falso in atto pubblico; il I° dicembre del 2017, invece, vengo arrestato per peculato a Trento, dove mi trovavo per una lezione, ospite di un collega.
La GF mi scorta all’aeroporto di Verona dove prendo un aereo che mi porta a Palermo. Accolto da altro gruppo di finanzieri, dopo varie vicissitudini, a sera tardi, vengo riaccompagnato a casa (agli arresti domiciliari revocati dopo quattro giorni) dove trovo mia moglie e mio figlio in evidente stato di choc, anche perché la mia abitazione era stata perquisita nelle prime ore della mattina. Alle corte, il 13 dicembre del 2023, il Tribunale di Palermo mi assolve con formula piena dai primi due reati e, per quanto riguarda il peculato, avendolo dequalificato ad appropriazione indebita ne dichiara la prescrizione.
La Procura e la parte civile impugnano questa seconda sentenza ed ora la fase dibattimentale è in corso: come si dice habent sua sidera lites (questo è uno di quei latinetti che piacciono tanto ai giuristi); per i palermitani “come finisce si cunta” (cioè si racconta); per tutti gli altri “chi vivrà vedrà”.
Ora che sapete tutto, almeno nelle grandi linee, dal protagonista della storia, vorrei sapere da voi quale sia il nesso che lega il post della discordia, dal quale ho già preso le distanze, con le mie vicende giudiziarie. Io un’opinione ce l’avrei: e cioè che l’obiettivo era (è) quello di costruire un personaggio da film horror da dare in pasto all’opinione pubblica (opinione pubblica per modo di dire): professore universitario, inevitabilmente comunista, inevitabilmente antisemita e anche ladro.
Ora, io non so come la pensiate voi, ma a me sembra molto difficile riuscire a scendere più in basso perché vedete, a mio avviso, un nesso tra il mio infelice post e la mia carriera da Arsenio Lupin è pressoché impossibile ravvisarlo. Dunque, tutto si riduce ad un’operazione di mostrificazione del bersaglio scelto volta per volta, seconda la logica, che mi pare abbia ripreso notevole vigore, per la quale è imperativo non fare prigionieri.
Mi sbaglierò, ma, stando così le cose, non andremo troppo lontano. PS: poiché molti mi hanno accusato di essere non un cattivo maestro, una qualifica che richiede ben altro curriculum intellettuale ma, quantomeno un cattivo professore, (cosa, peraltro possibilissima nonostante l’alto punteggio che riporto nei questionari degli studenti distribuiti a fine semestre) o, comunque, un professore indottrinatore, preciso che il mio insegnamento è diritto civile 2 e che gli argomenti più scottanti che tocchiamo a lezione sono le fonti delle obbligazioni, l’inadempimento, il fatto illecito ecc.
Aggiungo che 3 anni orsono, a fine corso, ho proiettato in aula Der Triumph des Willens, il famoso film di Leni Riefenstahl sul congresso NSDAP svoltosi a Norimberga l’anno precedente: 1934) e anche Conspiracy, un film inglese dedicato alla famigerata conferenza di Wannsee svoltasi all’inizio del ’42 e dedicata alla soluzione finale.
Aggiungo che nel manuale di Istituzioni di diritto privato, scritto con due colleghi come esergo, campeggiano le parole “concedimi di non dire nulla di superfluo” di un rabbino vissuto tra la prima metà dell’800 e l’inizio del ‘900 che si chiamava Chofetz Chaim: Tutto questo a conferma del mio antisemitismo.”