Un divario crescente separa le aspettative dei giovani lavoratori e le strategie delle imprese nel Nord Est. L’indagine “Giovani, Tecnologia e Mismatch nel Nord Est 2025“, condotta da Fòrema e Confindustria Veneto Est, evidenzia un forte mismatch competenze e priorità. I giovani (1.015 intervistati) cercano equilibrio vita-lavoro (55%) e tecnologia (44%), mentre le aziende (486) faticano a reperire profili adeguati (64%) e rispondono con leve tradizionali.
Le priorità dei giovani: equilibrio vita-lavoro e innovazione tecnologica
L’indagine Fòrema delinea un profilo netto delle nuove generazioni (18-34 anni) in Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige.
Alla domanda sui fattori determinanti per la scelta di un impiego, l’equilibrio tra vita privata e lavoro emerge come priorità assoluta per il 55% del campione (con risposte multiple possibili).
Segue, con rilevanza quasi identica, la retribuzione (53%), e subito dopo la possibilità di crescita professionale e formazione continua (49%).
Un dato particolarmente significativo è l’importanza attribuita alla tecnologia: quasi un giovane su due (44%) considera essenziale l’utilizzo di strumenti avanzati come intelligenza artificiale, automazione e analisi dati sul posto di lavoro.
Elementi più tradizionali come la stabilità contrattuale (38%) e il benessere organizzativo (35%) seguono a distanza. L’impegno etico o ambientale dell’azienda (25%) incide meno sulle scelte immediate.
Flessibilità e lavoro agile: disposti a rinunciare allo stipendio
La flessibilità – così come emerge dal comunicato stampa relativo all’indagine – non è più percepita come un beneficio accessorio, ma come una condizione standard. Circa l’80% degli intervistati auspica formule di impiego ibride o totalmente da remoto.
La rilevanza di questa esigenza è tale che molti si dichiarano disponibili a sacrifici economici pur di ottenerla. L’indagine ha posto una domanda ipotetica su un eventuale taglio dello stipendio in cambio di maggiore libertà organizzativa.
Ben l’88% dei giovani si è dichiarato disposto ad accettare una riduzione della retribuzione (oscillante tra il 5% e il 10% per i neoassunti) in cambio di più giorni di lavoro da remoto o di un modello pienamente flessibile.
Una disponibilità che evidenzia un cambiamento profondo nei valori professionali, dove l’autonomia gestionale supera, in alcuni casi, la pura massimizzazione economica.

Il Mismatch Competenze: le imprese faticano a trovare profili tecnici
Sul fronte opposto, le aziende del Nord Est affrontano una sfida strutturale. Quasi due terzi del campione (64%) segnalano notevoli difficoltà nel reperire giovani con competenze adeguate.
Il mismatch competenze è particolarmente accentuato nei profili tecnico-produttivi e digitali.
Le imprese lamentano la mancanza di specialisti della produzione (per il 49%), tecnici di manutenzione (42%), addetti al controllo qualità (37%) e data analyst (31%).
Si crea così un paradosso: le aziende faticano a trovare proprio quei talenti che sarebbero necessari per innovare i processi e i modelli di business, rimanendo scoperte su abilità ormai fondamentali.
Capacità come l’analisi dati, la programmazione di PLC e robotica, la metrologia o la cybersecurity risultano presenti solo parzialmente nei candidati provenienti dai percorsi formativi tradizionali.
Strategie di attrazione: le aziende puntano su leve tradizionali
L’incrocio tra domanda e offerta rivela la distanza culturale. Di fronte alla carenza di profili qualificati, le imprese tendono a utilizzare leve di attrazione tradizionali.
La retribuzione d’ingresso competitiva (62%) e la stabilità contrattuale (55%), attraverso l’offerta di contratti a tempo indeterminato, restano gli strumenti principali.
Seguono la formazione interna (48%) e la promessa di percorsi di crescita chiari (42%).
Tuttavia, solo un’azienda su cinque (19%) ha introdotto maggiore flessibilità (oraria o da remoto) per rendersi più appetibile. Addirittura, il 54% mantiene politiche di lavoro esclusivamente in presenza.
Ne deriva un cortocircuito: mentre i giovani sognano PMI ad alto tasso tecnologico (38%), molti candidati (19%) rifiutano attivamente offerte percepite come “poco tecnologiche”, alimenta il mismatch competenze e la difficoltà di assunzione.
Un nuovo patto generazionale per la competitività
Paola Carron, Presidente di Confindustria Veneto Est, sottolinea la necessità di affrontare questa “distanza di linguaggi“.
La stessa sostiene, infatti, che flessibilità e ambienti tecnologici non sono bisogni estemporanei, ma fattori strategici per attrarre talento, e invita a un “nuovo patto generazionale” per la competitività del territorio.
Luigi Gorza, Presidente dei Giovani Imprenditori CVE, sposta l’attenzione sulla comunicazione: ritiene che molte aziende siano già cambiate, ma non sappiano comunicare il proprio valore al territorio, perché trascurano di raccontare chi sono e cosa offrono ai giovani.
Matteo Sinigaglia, Direttore Generale di Fòrema, identifica la “distanza culturale” come il nodo centrale. Se da un lato le imprese devono innovare, dall’altro anche i giovani e il sistema formativo devono investire con convinzione nelle competenze tecniche e digitali richieste, per ridurre il divario.


