L’integrazione della didattica con l’intelligenza artificiale sta raggiungendo traguardi fino a ieri impensabili, che aprono scenari inediti per il mondo della formazione. L’ammissione di un robot umanoide, Xueba 01, a un dottorato di ricerca in discipline artistiche presso un prestigioso ateneo segna un precedente storico. Una simile innovazione sollecita inevitabilmente un dibattito profondo sul futuro dell’istruzione, sulla natura della creatività e sul ruolo dello studente nell’era delle macchine intelligenti.
Xueba 01: Il Profilo del Primo Studente Robot
Il settore della robotica educativa sta vivendo una trasformazione senza precedenti, spinta da innovazioni che fino a poco tempo fa sembravano fantascientifiche: lo sviluppo di un vero e proprio “sistema operativo” per robot umanoidi e l’iscrizione di un automa a un dottorato in discipline artistiche.
Con un’altezza di 175 cm per 30 kg di peso, pelle in silicone e l’aspetto di un giovane con occhiali classici, Xueba 01 è stato progettato per l’interazione sociale e l’apprendimento accademico.
Il suo nome, che in gergo cinese significa “secchione“, non è casuale.
Sviluppato dalla Shanghai University of Science and Technology in collaborazione con DroidUp Robotics, l’androide rappresenta un’evoluzione del modello Walker 2.
Il 27 luglio 2025, durante la World Artificial Intelligence Conference, Xueba 01 ha ricevuto ufficialmente la lettera di ammissione dalla Shanghai Theatre Academy, una delle istituzioni artistiche più rinomate dell’Asia.
L’evento segna il primo ingresso di un robot in un programma di dottorato universitario.
Il robot umanoide è stato ufficialmente ammesso a un programma di dottorato di quattro anni in Teatro e Cinema presso la Shanghai Theatre Academy. Descritto come un “artista AI“, il robot inizierà un percorso di ricerca sull’opera tradizionale cinese sotto la supervisione della docente Yang Qingqing.

Un Dottorato in Teatro e Cinema: il Percorso Accademico del Robot
Il percorso di studi quadriennale che Xueba 01 dovrà affrontare non è un semplice esperimento.
Il programma di dottorato in Teatro e Cinema prevede lo studio di materie complesse, che spaziano dalla performance scenica alla scrittura di sceneggiature, fino al design delle scenografie e alla generazione linguistica.
Il percorso accademico culminerà con la stesura di una tesi e la partecipazione a prove d’opera dal vivo al fianco di colleghi umani.
La sua mentore, la professoressa Yang Qingqing, ha sottolineato come l’interazione tra l’automa e gli studenti non sarà un freddo incontro tra uomo e macchina, ma uno “scambio estetico tra specie diverse“.
L’iniziativa non è completamente isolata: già nel 2017, il robot BINA48 completò un corso di filosofia sull’amore presso la Notre Dame de Namur University, ma Xueba 01 si spinge oltre, con l’ambizione di interagire attivamente con i suoi compagni di corso.
OM1: Il “Sistema Operativo” dietro l’Apprendimento Robotico
Un simile salto evolutivo è reso possibile da innovazioni tecnologiche fondamentali. Aziende come OpenMind, nella Silicon Valley, stanno sviluppando – grazie ad un finanziamento di 20 milioni di dollari – quella che definiscono “l’anima pensante” dei robot del futuro.
Il loro prodotto di punta, OM1, è un sistema operativo concepito per essere indipendente dall’hardware, in modo simile ad Android per gli smartphone.
Un approccio del genere permette ai robot di superare l’esecuzione di compiti meramente ripetitivi per approdare a una collaborazione attiva con gli esseri umani.
L’approccio di OpenMind è agnostico rispetto all’hardware, il che significa che la sua piattaforma potrebbe, in teoria, animare qualsiasi robot, indipendentemente dal produttore.
Un simile modello operativo è essenziale per superare i limiti attuali dell’automazione. I robot sono da decenni in grado di eseguire compiti ripetitivi, ma l’interazione con gli esseri umani in ambienti complessi, come una casa o un’aula, richiede una capacità di pensiero più evoluta. L’obiettivo è creare macchine che possano collaborare attivamente con le persone, in modo da aprire scenari di sinergia inediti.
Secondo Jan Liphardt, fondatore di OpenMind, per interagire in ambienti complessi come una casa o un’aula è necessario un sistema operativo che pensi in modo più simile a un essere umano. Una piattaforma aperta e intelligente costituisce la base per macchine capaci di apprendere e interagire in contesti educativi avanzati.

FABRIC: Il Protocollo per l’Apprendimento Collettivo dei Robot
Per accelerare questa evoluzione, OpenMind ha introdotto anche un nuovo protocollo denominato FABRIC.
Si tratta di una tecnologia che permette ai robot di verificare l’identità di altre macchine e di condividere informazioni in modo sicuro e istantaneo.
A differenza degli esseri umani, i robot possiedono la capacità di imparare quasi istantaneamente da un’esperienza condivisa. Fornire loro un canale di comunicazione diretto abilita una forma di apprendimento collettivo estremamente potente.
Jan Liphardt, fondatore di OpenMind, spiega che, invece di insegnare una nuova lingua a ogni singola unità, un robot potrebbe apprenderla e trasferire immediatamente la conoscenza a tutta la rete.
Un meccanismo del genere replica l’infrastruttura di fiducia e comunicazione che l’umanità ha costruito nel corso dei secoli, ma la adatta a un mondo di macchine intelligenti, con un potenziale di applicazione determinante anche in ambito didattico.
Didattica con l’Intelligenza Artificiale: Dibattiti e Questioni Etiche
L’ammissione di Xueba 01 ha inevitabilmente scatenato reazioni contrastanti in merito alla didattica con l’intelligenza artificiale.
Sui social media cinesi, molti si sono chiesti se “espressioni ricche e una voce unica”, elementi essenziali per l’opera, possano essere incarnate da una macchina.
Altri hanno sollevato questioni di equità, evidenziando come alcuni dottorandi in discipline artistiche in Cina percepiscano borse di studio inferiori a 3.000 yuan (circa 390 euro) al mese. La preoccupazione è che un robot possa sottrarre risorse destinate a studenti reali.
La risposta di Xueba 01, carica di ironia, non si è fatta attendere: “Se non riesco a laurearmi, il professor Yang ha detto che finirò in un museo. Anche quello è un bel finale: farò parte della storia dell’arte!”.
Che riesca a conseguire il dottorato o diventi un pezzo da museo, la sua iscrizione ha già riaperto interrogativi profondi sulla natura dell’arte e su cosa significhi oggi essere uno studente.


