Il mondo dello sport piange la morte del “professor” Bruno Pizzul, storico telecronista e voce inconfondibile della Nazionale italiana di calcio. Pizzul è morto all’età di 87 anni presso l’ospedale di Gorizia, sua città d’adozione, pochi giorni prima del suo compleanno (8 marzo). La sua voce ha accompagnato milioni di italiani nelle Notti Magiche dei Mondiali, nelle partite storiche degli Azzurri e nelle domeniche pomeriggio del calcio italiano.
Una vita dedicata al racconto del calcio
Nato a Cormons, in provincia di Udine, Bruno Pizzul ha intrapreso la carriera di calciatore, ma un infortunio ne ha interrotto prematuramente il percorso sportivo.
Nonostante ciò, il destino gli ha riservato un altro ruolo altrettanto significativo: quello di telecronista.
Dal 1969, Pizzul ha cominciato a raccontare le gesta della Nazionale italiana, portando la sua passione e competenza a milioni di telespettatori.
Il 1986 segna l’inizio del suo successo con la Rai, dove succede a Nando Martellini come voce della Nazionale.
Da quel momento, la sua telecronaca è diventata un’icona di sobrietà e competenza.
Non caratterizzato da urla e toni eccessivi, il suo stile sobrio e confidenziale ha conquistato il pubblico, che lo ha percepito come la voce di un amico che raccontava il calcio in modo genuino e senza fronzoli.
Le Notti Magiche e i Mondiali raccontati con passione
Pizzul è stato la voce di sei Mondiali e cinque Europei, narrando le vittorie e le delusioni degli Azzurri.
La sua telecronaca più iconica rimane quella del gol di Roberto Baggio ai Mondiali del 1990: “…e segna, segna Roberto. Roberto Baggiooooo al 42′ del secondo tempo.” Una frase che ha emozionato e fatto sognare un’intera generazione di tifosi.
Oltre alle partite della Nazionale, Bruno Pizzul ha seguito anche numerosi campionati di Serie A e ha raccontato grandi eventi sportivi come la finale di Coppa dei Campioni allo stadio Heysel, dove la tragedia del Liverpool-Juventus è rimasta nella storia del calcio mondiale.
Un uomo amato e rispettato
Nel corso della sua carriera, Bruno Pizzul è diventato simbolo di un calcio più semplice e romantico, lontano dai ritmi frenetici e commerciali degli ultimi anni. Anche dopo il suo ritiro dalle telecronache nel 2002, è rimasto un punto di riferimento per appassionati e colleghi.
I ricordi di chi lo ha conosciuto sono unanimi: Simona Ventura ha definito Pizzul come “la voce delle nostre partite,” mentre Fabio Capello ha sottolineato come la sua grande qualità fosse la semplicità.
“Era comprensibile a tutti, anche a chi seguiva il calcio solo per le partite della Nazionale,” ha detto Capello, ricordando le telecronache che hanno fatto storia.
Il suo legame con il Friuli
Bruno Pizzul non ha mai smesso di essere legato alla sua terra.
Sebbene la sua carriera lo abbia portato in giro per il mondo, il Friuli Venezia Giulia è sempre rimasto il suo punto di riferimento.
Il governatore Massimiliano Fedriga ha ricordato Pizzul come un uomo “straordinario, che ha accompagnato intere generazioni nel cuore della passione sportiva.”
In molti hanno voluto esprimere il loro cordoglio per la sua scomparsa, tra cui il presidente della Federcalcio Gabriele Gravina, che ha parlato di Pizzul come di un “campione di razza,” e Dino Zoff, suo caro amico, che ha definito Pizzul un uomo con “la schiena dritta e la passione per il calcio”.
Dolore e vicinanza ai familiari per la scomparsa del telecronista è stato espresso anche da parte di numerose squadre di calcio italiane.
“Storica voce dello sport italiano, hai raccontato le emozioni del calcio e i successi nerazzurri con passione”, scrive l’Inter del Presidente Marotta.
Un’icona del giornalismo sportivo che lascia un vuoto
La morte di Bruno Pizzul segna la fine di un’era del giornalismo sportivo italiano.
La sua voce resterà nella memoria collettiva come un simbolo di competenza, passione e umanità, in grado di raccontare il calcio in modo unico e coinvolgente.
Nonostante l’avvento di nuove tecnologie e nuovi stili di commento, la sua telecronaca sarà sempre ricordata come quella che ha reso il calcio una storia viva, un racconto da ascoltare, emozionarsi e vivere.
Il legame con la scuola: un inizio dimenticato e un insegnamento di valore
Bruno Pizzul era la voce che ha raccontato le emozioni calcistiche per milioni di italiani. Ma prim’ancora lo stesso aveva intrapreso una carriera che in pochi conoscono: quella di docente.
Per tre anni, infatti, Pizzul è stato insegnante di lettere nelle scuole medie.
“Ho fatto il professore di lettere per tre anni, alle medie: insegnavo storia, geografia, italiano e latino,” aveva dichiarato in un’intervista.
Nella stessa intervista aveva, inoltre, raccontato: “Insegnare era un mestiere stupendo, ti dava quel senso di utilità legato alla crescita delle persone più che al loro apprendimento. Invece il giornalismo sportivo è la sublimazione dell’effimero. Quando appresi di avere superato il concorso da telecronista, mi arrivò anche la nomina a professore di ruolo in Storia e Filosofia al liceo di Monfalcone. Devo dire che vacillai parecchio, non fu una scelta facile”.
Bruno Pizzul aveva, quindi, osservato: “È andata bene, non senza qualche rimpianto dovuto forse all’età. Era una grande soddisfazione, da insegnante, verificare i progressi dei ragazzi non solo sul piano del rendimento, ma del comportamento”.
Un’esperienza che ha lasciato il segno su di lui e che ha sempre ricordato con grande affetto e nostalgia.
Pizzul ha sempre avuto una grande considerazione del ruolo educativo, come dimostrato dalle sue parole sul giornalismo e sull’importanza dei maestri che lo hanno influenzato, come Beppe Viola, Gianni Mura e Mario Fossati.
Non solo un grande telecronista, ma anche un uomo che ha saputo trasmettere il valore della passione per il sapere, della cultura e dell’umanità, principi che lo hanno guidato sia nell’insegnamento che nel suo lavoro da giornalista.
Il ricordo di un’epoca che non c’è più
Bruno Pizzul non è stato solo un telecronista, ma anche un simbolo di un’epoca in cui il calcio era ancora qualcosa da vivere e raccontare in modo semplice e genuino.
Il suo stile ha attraversato generazioni, formando un ricordo indissolubile nella memoria di chi ha vissuto quegli anni.
In un mondo sportivo in continuo cambiamento, la sua figura rappresenta ancora oggi un faro per il giornalismo, per il suo modo unico di narrare con passione, competenza e una profonda umanità.
La sua eredità va oltre lo sport, ed è un segno che Pizzul ha lasciato anche nel mondo educativo.
La sua capacità di raccontare storie con semplicità, la sua attenzione ai dettagli e il suo amore per la cultura possono essere un insegnamento per le nuove generazioni, non solo di giornalisti, ma anche di educatori.
La sua scomparsa lascia un vuoto che non si potrà colmare facilmente, ma che rimarrà per sempre nella memoria di chi ha avuto la fortuna di ascoltare la sua voce.