Spesa Pubblica Istruzione, FLC CGIL: Italia Ultima in Europa secondo i Dati Eurostat

La Scuola Oggi

3 Settembre 2025

Un edificio scolastico e una scritta che mette a confronto la spesa per la Pubblica Isruzione in Italia (3,9%) e in Europa(4,7%)

Spesa Pubblica Istruzione, FLC CGIL: Italia Ultima in Europa secondo i Dati Eurostat

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La spesa pubblica istruzione in Italia si colloca all’ultimo posto tra i 27 Paesi dell’Unione Europea. I dati del rapporto “Investing in Education 2025” della Commissione Europea, basati su statistiche Eurostat 2023, rivelano un divario allarmante rispetto alla media continentale. La denuncia arriva con comunicato stampa della FLC CGIL che solleva interrogativi profondi sulle priorità del sistema educativo nazionale e sulle politiche di investimento adottate, con implicazioni dirette per il futuro della scuola pubblica.

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Spesa Pubblica Istruzione: I Dati del Divario tra Italia e UE

Il quadro che emerge dal report europeo è netto. L’Italia destina alla spesa pubblica istruzione una quota del Prodotto Interno Lordo (PIL) pari al 3,9%, un valore significativamente inferiore alla media europea del 4,7%

Ancora più marcata appare la differenza se si analizza il rapporto con la spesa pubblica totale: il nostro Paese investe nel settore educativo il 7,3% delle risorse, a fronte di una media UE del 9,6%

Un dato che colloca l’Italia in fondo alla classifica dei 27 Stati membri, a testimonianza di un disinvestimento strutturale che prosegue da anni. 

L’analisi certifica una tendenza che rischia di compromettere la qualità del sistema formativo, con ripercussioni evidenti sulla competitività del Paese e sulle opportunità offerte alle nuove generazioni. 

Una corretta allocazione delle risorse rappresenta, infatti, un elemento determinante per garantire un’istruzione di qualità e inclusiva.

Le Ripercussioni sul Personale Scolastico e il Rinnovo Contrattuale

Le conseguenze di una ridotta spesa pubblica istruzione si manifestano in modo tangibile sulle condizioni del personale scolastico. Un esempio emblematico riguarda le trattative per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro

Le proiezioni attuali indicano un incremento retributivo di circa il 6%, una percentuale che non riesce a compensare l’impatto dell’inflazione, attestatasi al 17% nel triennio di riferimento. 

Secondo le stime contenute nel comunicato stampa della FLC CGIL, la perdita del potere d’acquisto si tradurrebbe in una diminuzione media di circa 300 euro mensili per ogni lavoratore del comparto. 

Il sindacato sostiene, inoltre, che la mancanza di investimenti adeguati penalizza economicamente docenti e personale ATA e, allo stesso tempo, alimenta anche un clima di sfiducia e demotivazione, che indebolisce l’intero sistema. 

Il riconoscimento del valore professionale ed economico del personale è un passaggio essenziale per la valorizzazione della scuola pubblica.

Spesa Pubblica Istruzione: cartina dell'Europa con le foto di alcune scuole

Tagli alla Scuola Pubblica e Aumento dei Finanziamenti alle Paritarie

Un altro aspetto di notevole interesse evidenziato dalla FLC CGIL riguarda la differente traiettoria degli investimenti tra scuola statale e istituti paritari

Negli ultimi anni, si è assistito a una politica che sembra privilegiare il settore privato a discapito di quello pubblico. 

I dati evidenziano un aumento del 50% dei finanziamenti destinati alle scuole paritarie, passati da 551 milioni di euro nel 2021 a 750 milioni per l’anno scolastico 2024/2025

Nello stesso periodo, il sistema pubblico ha dovuto affrontare misure di razionalizzazione, come il piano di dimensionamento scolastico che ha portato alla chiusura di circa 750 istituti autonomi

Una simile divergenza nelle politiche di finanziamento suggerisce una scelta ideologica che mette in discussione il ruolo centrale della scuola pubblica come pilastro della coesione sociale e dell’uguaglianza delle opportunità.

Le Misure del Ministero: tra Riforme e Politiche Contestate

Parallelamente alla gestione dei fondi, l’organizzazione sindacale contesta una serie di misure introdotte dal Ministero, ritenute di natura ideologica e poco incisive sui problemi reali del sistema. 

Tra queste figurano la revisione delle indicazioni nazionali, il divieto generalizzato dell’uso dei cellulari a scuola, anche per finalità didattiche, e l’introduzione di benefit e convenzioni per il personale, percepiti come soluzioni palliative che non affrontano la questione salariale in modo strutturale. 

Tali interventi, secondo le critiche, distolgono l’attenzione dalla necessità di un investimento serio e programmato sulla scuola pubblica, unico strumento in grado di garantirne il rilancio. La definizione di politiche educative efficaci richiede un approccio che parta da un’analisi concreta dei bisogni e da un impegno finanziario adeguato.