La tutela delle lavoratrici in gravidanza viene disciplinata dalla normativa italiana sulla maternità e paternità – Testo unico D.lgs. 151/2001 – insieme al decreto inerente la sicurezza sul lavoro – D.lgs. 81/2008 – e altre norme collegate – leggi integrative, contratti collettivi, circolari operative – che completano l’assetto di tutela.
La normativa vigente garantisce una serie di diritti per le lavoratrici gestanti e in allattamento, come congedi, riposi, divieti di svolgere determinate mansioni, e al tempo stesso impone obblighi precisi al datore di lavoro, ovvero valutazione dei rischi, adattamento delle mansioni o interdizione. Li vediamo.
Le basi normative: dove trovare la tutela delle lavoratrici in gravidanza
Come sopra accennato, la tutela delle lavoratrici in gravidanza e nel periodo di allattamento è disciplinata principalmente da:
- D.lgs. 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico tutela maternità/paternità), che stabilisce congedi, permessi, divieti, modalità di adibizione alternativa, divieto di licenziamento e altre misure.
- D.lgs. 81/2008 (Testo unico sicurezza sul lavoro), che impone al datore di lavoro di valutare i rischi per ogni lavoratrice, compresa quella in gravidanza o allattamento, e di adeguare le condizioni lavorative.
- Altre norme collegate (leggi integrative, contratti collettivi, circolari operative) che completano l’assetto di tutela.
Una simile combinazione normativa crea un quadro protettivo forte: le lavoratrici non possono essere lasciate al caso.
Diritti essenziali delle lavoratrici madri
Le madri lavoratrici godono di una serie di tutele e diritti da cui non si può prescindere:
Congedo di maternità obbligatorio
Ogni lavoratrice dipendente ha diritto a un periodo di astensione obbligatoria. L’assetto tradizionale è: due mesi prima della data presunta del parto e tre mesi dopo.
Tuttavia, è possibile, su certificazione medica, concentrare tutti e cinque i mesi dopo il parto oppure modulare diversamente i giorni non fruiti. Se il parto avviene in anticipo rispetto alla data presunta, i giorni non utilizzati prima del parto si trasferiscono al periodo successivo.
Durante il congedo obbligatorio la lavoratrice percepisce un’indennità, in genere a carico dell’INPS, a sostegno del reddito perso per l’astensione.
Permessi per allattamento (riposi giornalieri)
Nel corso del primo anno di vita del bambino, la madre lavoratrice (dipendente) ha diritto a permessi giornalieri per l’allattamento secondo l’art. 39 del D.lgs. 151/2001. Le regole chiave sono:
- Due ore complessive ogni giorno, oppure in alternativa due riposi di mezz’ora se è presente un asilo nido o struttura idonea nei pressi del luogo di lavoro.
- Possono essere usufruiti in modo frazionato: si può uscire prima dal lavoro, o distribuire le ore in mattina o pomeriggio.
- In caso di parto gemellare o plurimo, i riposi sono raddoppiati.
- Spettano anche alle lavoratrici part-time, con modalità proporzionali: ad esempio, se l’orario giornaliero è sotto le 6 ore, il permesso è di 1 ora.
- Il padre lavoratore può usufruire dei permessi se la madre rinuncia, è deceduta o non può fruirne, oppure quando il bambino è affidato al solo padre.
Divieto di licenziamento e tutela delle lavoratrici in gravidanza
Per garantire la tutela delle lavoratrici in gravidanza, la legge vieta il licenziamento della donna:
- Dall’inizio della gravidanza (entro 300 giorni prima del parto) fino al compimento del primo anno di vita del bambino.
- Anche assieme al congedo di paternità, se il padre fruisce del congedo, il datore non può licenziare il lavoratore durante tale periodo e fino al primo anno del bambino.
- Il licenziamento nullo è da ripristinare: la lavoratrice ha diritto al reintegro e agli arretrati retributivi.
- Alcune eccezioni: cessazione dell’attività aziendale, giusta causa grave indipendente dallo stato di gravidanza, termine del contratto in scadenza possono restare operative.
Alla fine del congedo, la lavoratrice ha diritto a rientrare nella stessa unità produttiva e a essere assegnata alle stesse mansioni o mansioni equivalenti.
Le mansioni compatibili: quando scatta l’interdizione
Se, in base alla valutazione del rischio, il lavoro abituale è considerato pericoloso per la gravidanza o l’allattamento, il datore di lavoro deve:
- proporre una mansione alternativa, equivalente, che non comporti rischio e conservi lo stesso trattamento retributivo.
- Informare per iscritto le lavoratrici e i rappresentanti per la sicurezza sulle misure adottate.
- Se il cambiamento non è possibile per ragioni organizzative o produttive, l’azienda può chiedere l’interdizione obbligatoria dal lavoro (cioè l’astensione con copertura economica).
- In questo caso, la retribuzione è garantita al 100%.
Il periodo di tutela si estende anche fino a 7 mesi di età del figlio per le lavoratrici che abbiano comunicato lo stato di gravidanza. Inoltre, sono vietate alcune lavorazioni specifiche, come lavori faticosi, esposizione a agenti chimici, biologici, radiazioni, lavoro su scale, posizione stazionaria prolungata e lavoro notturno.
Obblighi del datore di lavoro: cosa deve fare concretamente per la tutela delle lavoratrici in gravidanza
La tutela delle lavoratrici in gravidanza non è solo un diritto della donna, ma anche un obbligo preciso per l’azienda. Il datore di lavoro deve:
- Aggiornare la valutazione dei rischi (DVR) includendo i fattori legati alla gravidanza e all’allattamento.
- Informare tempestivamente le lavoratrici sui rischi presenti e sulle misure preventive adottate.
- Adottare modifiche organizzative come spostamenti, riduzioni d’orario o esoneri da compiti pericolosi.
- Documentare e comunicare ogni provvedimento alle autorità competenti in caso di interdizione o cambio di mansione.
La mancata adozione di queste misure può comportare sanzioni severe e responsabilità penali per il datore di lavoro, oltre a rappresentare un serio danno reputazionale per l’impresa.
Altre misure di tutela delle lavoratrici in gravidanza: congedi e dimissioni
La normativa prevede anche una serie di strumenti complementari per garantire equilibrio tra vita lavorativa e familiare e favorire la tutela delle lavoratrici in gravidanza:
- Congedo parentale, utilizzabile da entrambi i genitori fino ai 12 anni del figlio, anche in modo frazionato.
- Permessi per malattia del figlio, che consentono l’assenza dal lavoro in caso di necessità di cura.
- Tutela delle lavoratrici autonome, che prevede la sospensione dell’attività in caso di gravidanza con diritto a indennità economiche specifiche.
- Dimissioni tutelate, che, se avvengono durante il periodo protetto, devono essere convalidate dall’Ispettorato del Lavoro e danno comunque diritto alla NASpI.
Queste misure rafforzano un principio fondamentale: la maternità non deve mai diventare un ostacolo alla carriera o alla stabilità economica.
La tutela delle lavoratrici in gravidanza rappresenta uno dei pilastri del diritto del lavoro italiano. Garantire la sicurezza, la salute e la serenità delle madri non è solo un obbligo legale, ma anche un investimento sociale ed economico.
Un ambiente che rispetta la maternità è un ambiente più umano, più produttivo e più equo. Conoscere e far valere i propri diritti è il primo passo per costruire un mondo del lavoro davvero inclusivo.
FAQ: Domande frequenti sulla tutela delle lavoratrici in gravidanza
Ecco una serie di domande tra le più frequenti sulla tutela delle lavoratrici in gravidanza:
Quando devo comunicare la gravidanza al datore di lavoro?
È consigliabile comunicarla appena possibile, per consentire l’attivazione immediata delle misure di sicurezza e protezione previste dalla legge.
Posso lavorare fino al giorno del parto?
Sì, se le condizioni di salute lo permettono e con certificazione medica, è possibile posticipare il congedo fino al parto e godere di tutti i mesi successivamente.
Quali lavori sono vietati durante la gravidanza e l’allattamento?
Sono vietate attività faticose o pericolose, esposizione a sostanze tossiche, vibrazioni, radiazioni, turni notturni e qualsiasi mansione che possa compromettere la salute della madre o del bambino.
Cosa succede se non è possibile un cambio di mansione?
Se non è possibile assegnare un ruolo alternativo, la lavoratrice viene collocata in interdizione dal lavoro con retribuzione piena.
Posso essere licenziata durante la gravidanza?
No. Il licenziamento è vietato dall’inizio della gravidanza fino al compimento del primo anno di vita del bambino, salvo rare eccezioni previste dalla legge.
I permessi per allattamento spettano anche in part-time?
Sì, ma vengono ridotti proporzionalmente all’orario giornaliero di lavoro.