In un comunicato stampa congiunto, IACABAI Italy Associate Chapter of ABAI (a firma del Presidente Fabio Tosolin, del Vicepresidente Aristide Saggino e di Giampaolo Perna e Maria Gatti) e Carlo Hanau, Presidente di A.P.R.I. (Associazione Cimadori per la ricerca italiana sulla sindrome di Down, l’autismo e il danno cerebrale), pongono l’accento sulla necessità di investire maggiormente nell’ambito della formazione universitaria specializzata per l’assistenza alle persone con disturbi evolutivi globali dello sviluppo psicologico (Autismo infantile che la Sindrome di Asperger).
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Comunicato stampa
“Lo scorso 17 gennaio 2025 è scaduto il protocollo d’intesa sottoscritto nel 2022 tra il Ministero dell’Istruzione e del Merito (MIM) e il Ministero della Salute (MSAL) avente oggetto la “Tutela del diritto alla salute, allo studio e all’inclusione”.
Risulta prioritario procedere al rinnovo prevedendo degli interventi specifici per gli allievi con autismo che rappresentano la maggioranza dei piccoli con disabilità.
La categoria di disturbi più frequentemente registrata fra i più piccoli è la categoria “F84, Disturbi evolutivi globali dello sviluppo psicologico” della classificazione ufficiale ICD10 CM, che comprende sia l’Autismo infantile che la Sindrome di Asperger e simili.
Questa categoria tocca il 62,7% del totale degli alunni con disabilità nella scuola dell’infanzia (era 56,8% l’anno precedente) e il 39,1% nella primaria.
Anzitutto si deve notare che l’aumento dell’F84 non è da ascriversi soltanto al fenomeno reale, ma è parzialmente dovuto alla migrazione di casi che prima risultavano sotto la definizione “altro” e dalla maggiore precocità della diagnosi.
Tale percentuale è principalmente riconducibile agli alunni con autismo infantile dato che la sindrome di Asperger si riconosce generalmente più tardi perché è meno severa dell’autismo infantile, non presenta problemi cognitivi ma un Q.I. normale o anche molto elevato con un linguaggio precocemente evoluto: questa sindrome è considerabile come borderline dell’autismo infantile e, con l’evoluzione dell’età, nel 60-70% dei casi si accompagna con altre patologie psichiatriche più complesse.
La categoria F84 è quella che cresce di più, in particolare nella fascia 0-6 anni. In buona parte è responsabile della forte crescita degli allievi con ogni tipo di disabilità rispetto all’anno precedente (+6%) che raggiungono in totale 359.000 casi, pari al 4,5% di tuti gli alunni e alunne di ogni ordine e grado.
La Tavola a pag.2 del Rapporto mostra la percentuale di Disturbo dello sviluppo psicologico (i.e. nell’ICD 10 CM: F84 Disturbo evolutivo globale dello sviluppo psicologico, detto anche disturbo generalizzato dello sviluppo psicologico, abbreviato anche con Sviluppo), è approssimativamente equiparabile al Disturbo dello spettro autistico (secondo il DSM 5, con la sigla inglese ASD).
Di seguito la Tavola:
La categoria F84, è presente nel 34,8% del totale degli alunni con disabilità di tutte le scuole, ovvero circa 114mila allievi, 7mila in più rispetto all’anno precedente. La categoria F84 è 62,7% (era 56,8% nell’anno precedente), nettamente prevalente su tutti gli altri disturbi nella scuola dell’infanzia, e resta il più diffuso disturbo nella primaria col 39,1% aumentando rispetto al 35,9% dell’anno precedente.
Questo valore cresce ed è destinato a crescere anche nei prossimi anni nella secondaria col passaggio delle coorti dei più piccoli agli ordini superiori: già nel 2023-2024 la percentuale aumenta in un anno dal 23,3 al 25,7% nella secondaria di primo grado e dal 23,7 al 25,3% nella secondaria di secondo grado.
L’aumento delle diagnosi di autismo era prevedibile e sarà ancora più forte nel futuro. Lo dimostrano i Paesi più progrediti come gli Stati Uniti d’America dove il CDC’s Autism and Developmental Disabilities Monitoring (ADDM) Network, analizzando i dati del 2020, ha innalzato a 1 su 36 la prevalenza all’età di 8 anni.
Tale valore, doppio rispetto a quello italiano, dovrebbe allarmarci, dato che l’andamento della prevalenza in USA rappresenta una buona indicazione di quello che si potrà verificare tra 11 anni anche da noi.
In Italia, secondo il Report dell’ISTAT, gli insegnanti di sostegno rispetto a tutti gli allievi con disabilità sono tanti (è noto che sono il doppio di quelli degli USA), ma molti di loro (il 27% come media nazionale, che sale al 38% nel Nord Italia) non hanno neppure l’attestato della formazione formale della specializzazione.
Il ricorso a figure non specializzate è più diffuso proprio nelle scuole dell’infanzia e nelle scuole primarie (31%), dove l’educazione speciale dovrebbe essere attuata in forma intensiva e precoce da insegnanti specializzati, per avere maggiore efficacia e ridurre l’impegno di risorse negli anni successivi.
Gli interventi basati sull’Analisi del comportamento applicata (ABA) ai bambini con autismo richiedono almeno 20 ore la settimana; già ora vengono dedicate 20,9 ore di insegnante di sostegno nelle scuole dell’infanzia come media per tutte le disabilità.
Purtroppo manca la formazione universitaria degli insegnanti, che potrebbe essere compensata dalla formazione permanente e da una attenta supervisione di esperti, ma la discontinuità educativa provocata dalla turnazione nel posto di lavoro da un anno all’altro riduce drasticamente la motivazione e l’efficacia di questo tipo di formazione; soprattutto il fenomeno si realizza nella scuola dell’infanzia, dove raggiunge il 69% dei casi, contro una media del 57%.
Si aggiunga che l’8,4% degli alunni ha visto cambiare insegnante di sostegno in corso d’anno e che vi sono molti ritardi nell’assegnazione della sede e dell’allievo dopo un mese dall’inizio dell’anno scolastico. I ritardi sono più elevati per l’infanzia e la primaria e riguardano il 18% dei casi.
La discontinuità è generalmente dannosa per tutti gli allievi, ma lo è ancor più per quelli più piccoli e per quelli che presentano disabilità mentali, cognitive e comportamentali. Inoltre, il turn over impedisce l’apprendimento che si potrebbe trarre dall’esperienza, in particolare se svolta su una specifica disabilità e supervisionata da un esperto.
Negli anni la formazione iniziale richiesta agli insegnanti di sostegno si è gradualmente ridotta, da due anni di corso che abilitavano a una disabilità specifica fino ai tempi nostri, dove il corso semestrale abilita a tutte le disabilità.
L’incapacità di insegnare provoca negli insegnanti di sostegno grande frustrazione, ciò che induce una grande parte di loro ad abbandonare appena possibile la carriera del sostegno per trasferirsi sull’insegnamento curricolare, aumentando il turn over, che riduce la possibilità della formazione permanente specifica.
L’analisi viene rivolta dall’ISTAT anche agli Assistenti all’autonomia e comunicazione (AEC) di cui alla Legge 104 del 1992, che spesso sono educatori psicopedagogici laureati triennali, che possono assumere una importante funzione nel processo educativo.
Questi, in attesa di una loro collocazione professionale oggetto di diversi disegni di legge, dovrebbero avere una formazione specifica, obbligo nelle gare di appalto delle cooperative che li assumono, per rispondere alle esigenze di personalizzazione dell’assistenza agli allievi loro assegnati.
Per le famiglie che scelgono gli interventi basati sull’ABA ci dovrebbe essere un numero sufficiente di educatori specializzati, definiti anche tecnici del comportamento/tecnici ABA, che invece sono del tutto insufficienti quasi ovunque in Italia.
Per rimediare sarebbe utile seguire il modello dell’iter formativo e certificativo in vigore per la LIS e la LIST. Gli AEC/educatori per le disabilità sensoriali e gli insegnanti possono usufruire della grande cultura abilitativa degli istituti specializzati per ciechi e per sordi segnanti, che non è andata perduta.
In particolare, sordi e ipovedenti segnanti hanno ottenuto nel 2021 un riconoscimento normativo. In almeno 3 grandi Università è stato istituito e riconosciuto per legge un apposito corso universitario di laurea triennale “Traduttore LIS e LIST”, che consente l’iscrizione nell’apposito registro pubblico presso la Presidenza del Consiglio, a garanzia della professionalità degli iscritti. In attesa che il Parlamento faccia altrettanto per estendere questa normativa alle altre disabilità, la Società Scientifica italiana IACABAI è disposta a cedere il Registro Italiano degli Analisti del Comportamento allo Stato italiano, qualora ciò fosse ritenuto utile o necessario per ridurre i tempi di attuazione.
Si tratta di un Registro cui si accede con un esame standardizzato, in totale assenza di conflitti di interessi e in perfetta aderenza con lo standard internazionale del Tiered Model of Education dell’Association for Behavior Analysis International (ABAI), dimostrando di avere alle spalle la formazione secondo lo standard formativo internazionale di ABAI, adottato in tutto il mondo.
Il Registro prevede già ogni tipo di vaglio indipendente, quesiti d’esame stilati da un panel di esperti indipendenti e analoghi a quelli delle due certificazioni internazionali, International Behavior Analysis Organization (IBAO) e Behavior Analyst Certification Board (BACB), e il sistema di CFU per il mantenimento della qualificazione nel tempo.
Si deve rimarcare che la formazione universitaria italiana è gravemente carente nel campo delle tecniche psicoeducative cognitivo-comportamentali e comportamentali, quelle maggiormente utilizzate nel mondo per l’autismo.
Negli ultimi anni l’Istituto Superiore di Sanità, tramite il suo EDUISS, con i fondi dedicati all’autismo, ha fatto corsi per oltre 60.000 operatori della scuola sulla Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA), particolarmente utile per la disabilità cognitiva, ma nulla è stato fatto per recuperare il ritardo esistente sul versante della scienza dell’analisi comportamentale applicata (ABA), più utile alle disabilità del comportamento proprie dell’autismo infantile.
Purtroppo, l’inclusione degli studenti con autismo non viene garantita perché leggi, norme e protocolli non vengono applicati correttamente e non c’è ancora consapevolezza sulla sindrome autistica.
La Scuola continua a risultare drammaticamente impreparata ad affrontare il crescente ingresso di bambini con disturbo dello spettro autistico.
Per mettere argine al fenomeno e iniziare un percorso virtuoso suggeriamo le seguenti urgenti azioni:
1. Garantire la regolare frequenza scolastica degli alunni prevedendo l’erogazione degli interventi sanitari al di fuori dell’orario scolastico e nel caso degli interventi psicoeducativi favorire la loro adozione all’interno della scuola, principale ambiente naturale di vita.
2. Inserire, nei decreti che verranno emessi sul “Fondo unico per l’inclusione delle persone con disabilità” in favore dei Comuni e delle Regioni per l’anno 2025, i riferimenti alla normativa specifica per le persone con disturbo dello spettro autistico: la legge 134 del 2015 e l’art.60 del DPCM 12/1/2017 “Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502”, le Linee di indirizzo del 2012 e 2018 che impongono il rispetto della continuità degli interventi dimostratisi efficaci e scelti da chi ha la responsabilità genitoriale, e le raccomandazioni che sono orientate a raggiungere obiettivi specifici con i metodi maggiormente efficaci che si ritrovano nelle pagine 190 e seguenti delle “Raccomandazioni della linea guida sulla diagnosi e sul trattamento del disturbo dello spettro autistico in bambini e adolescenti”, dell’ ottobre 2023 che riprendono la Linea guida dell’Australia, seguite e coerenti con la Linea guida sugli adulti pubblicata dall’ISS a fine 2024.
Questa implementazione a “invarianza di spesa” in quanto gli appalti già comprendono l’obbligo per i vincitori della gare di fare la formazione degli operatori, avrà ricaduta su tutti i bandi emessi dagli enti locali per selezionare gli operatori che forniscono il servizio di assistenza all’autonomia e alla comunicazione e permetteranno di avere personale adeguatamente formato tale da garantire la continuità dell’intervento, come previsto dalle linee guida, intensivo nella prima infanzia e poi, quando efficace, non più intensivo per il resto della vita.
3. Inserire nel decreto Tariffe le definizioni delle figure degli operatori necessari e le relative tariffe.
4. Sensibilizzare i Dirigenti Scolastici a favorire l’ingresso di operatori esterni specializzati (di fiducia delle famiglie) in attesa che venga formato adeguato personale pubblico dipendente.
5. Verificare che gli operatori degli sportelli autismo/scuole polo/CTS dedicati all’autismo e ad altre disabilità con esigenze analoghe siano formati correttamente anche nelle strategie basate sull’Analisi Comportamentale Applicata (ABA) raccomandate dalle Linea Guida sulla diagnosi e il trattamento del disturbo dello spettro autistico in bambini e adolescenti.
Soddisfare il bisogno formativo avrebbe un impatto economico molto limitato dato che un corso di “tecnico comportamentale” (RBT), che consiste in almeno 40 ore di teoria e altrettante di pratica supervisionata, viene offerto da enti di formazione secondo regole internazionali per 400-500 Euro/insegnante, con la possibilità di dimezzare la spesa pro capite in caso di erogazione in FAD su larga scala.
6. Pianificare l’inserimento prioritario di almeno un insegnante tutor qualificato in Analisi Comportamentale Applicata (ABA) in ognuna delle 4.890 (dato rilevato da: Focus “Principali dati della scuola – Avvio anno scolastico 2024/2025”) istituzioni scolastiche statali del I ciclo al fine di fornire supporto a tutto il team educativo. Tale soluzione basata sul modello Hub & Spoke, con gli Hub rappresentati dalle scuole polo, permetterebbe di iniziare a gestire l’enorme aumento dei nuovi alunni certificati che si verifica principalmente nelle scuole dell’infanzia e nelle primarie.
Questa modalità potrebbe essere assimilata a quanto implementato nello Stato del South Australia https://www.abc.net.au/news/2023-02-01/autisminclusion-teachers-begin-student-support-roles-in-sa/101917990 dove è stato formato un nucleo iniziale di 417 “insegnanti di sostegno per l’autismo” operativi dal primo trimestre 2023 (su una popolazione di 1,77 milioni di abitanti di cui 18.000 insegnanti del I ciclo). A nostro parere questi sono i primi interventi da attuare in maniera prioritaria in attesa di definire un piano organico di formazione permanente e di istituire corsi universitari per la formazione iniziale di laureati triennali, magistrali e master sull’Analisi del Comportamento applicata all’autismo.”