All’ITIS “Marconi” di Pontedera, in provincia di Pisa, il dirigente scolastico Pier Luigi Robino ha deciso, autonomamente, di destinare tre bagni scolastici a uso neutro, ovvero aperti a studenti indipendentemente dal sesso.
Mentre alcuni vedono in questa scelta un passo verso l’inclusività e il rispetto dei diritti delle persone transgender, altri la interpretano come una forzatura ideologica. Scopriamo le posizioni contrastanti a riguardo.
SOMMARIO
ToggleLa decisione dell’ITIS “Marconi”
Il dirigente scolastico Pier Luigi Robino ha spiegato che la decisione di introdurre bagni neutri è stata presa in autonomia, senza consultare organi collegiali, e senza specifiche richieste da parte di studenti o insegnanti.
Robino ha dichiarato che l’iniziativa mira a promuovere l’inclusione e a rispettare la Costituzione italiana, che vieta ogni forma di discriminazione.
Inoltre, ha fatto riferimento al Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) del comparto istruzione, università e ricerca 2019/21, che prevede misure a tutela dei lavoratori transgender, inclusa la possibilità di utilizzare servizi igienici corrispondenti alla propria identità di genere.
Il quadro normativo e le reazioni politiche
La normativa italiana sull’edilizia scolastica, in particolare il Decreto Ministeriale 18 dicembre 1975, stabilisce che i servizi igienici devono essere separati per sesso.
Tuttavia, il CCNL 2019/21 introduce nuove disposizioni a favore dell’inclusività, riconoscendo il diritto dei lavoratori transgender a utilizzare bagni neutri o corrispondenti al genere di elezione.
La decisione dell’ITIS “Marconi” ha suscitato critiche da parte di esponenti politici del centrodestra. Il consigliere comunale di Fratelli d’Italia Gian Paolo Quercetani ha definito l’iniziativa un “attacco alla natura della persona”.
Anche l’europarlamentare Susanna Ceccardi si è schierata contro i bagni neutri, definendoli una “forzatura ideologica” e chiedendo di bloccare quelle che ha chiamato “sperimentazioni gender sulla pelle dei giovani”.
Sulla stessa linea, l’onorevole della Lega Rossano Sasso ha ricordato che già un anno prima, nella stessa scuola, era stata attivata la carriera alias, una procedura che consente agli studenti in transizione di usare un nome scelto al posto di quello anagrafico nel registro elettronico.
Secondo Sasso, questi interventi rientrano in una “propaganda gender” volta a generare confusione sessuale e negare le differenze tra uomo e donna.
Le parole del dirigente scolastico
Il dirigente scolastico ha però respinto le accuse, evitando lo scontro diretto, e ha ribadito che la sua scelta si basa semplicemente sul rispetto delle norme vigenti, in particolare il CCNL Istruzione, Università e Ricerca 2019/21.
Il contratto in questione prevede la possibilità per le amministrazioni di creare un ambiente di lavoro inclusivo per i lavoratori transgender, riconoscendo loro un’identità alias durante il percorso di transizione di genere (ai sensi della Legge 164/1982).
Inoltre, il CCNL prevede servizi igienici dedicati o neutri, spogliatoi e altri strumenti per eliminare situazioni di disagio. Viene, poi, specificato che le modalità operative devono essere regolate internamente.