Dopo 7 anni di insegnamento, il professor Rocco Latrecchiana – che il 15 ottobre 2024 è stato aggredito da un alunno 16enne nell’istituto di istruzione superiore “Lombardini” di Abbiategrasso (Milano) – ha deciso di dire basta e di lasciare l’insegnamento. “Mi arrendo – ha annunciato – perché oggi non riuscirei a mantenere lo stesso impegno. Nella scuola ci sono ottimi docenti e io non mi sento più utile. Non ho nessun rancore, ma non riesco ad essere sereno: ora è il momento di fare altro”.
|
|
SOMMARIO
Toggle- Il fatto di cronaca
- L’intervista
- Latrecchiana chiude definitivamente il registro
- La solidarietà dei colleghi, degli ex alunni e del dirigente scolastico
- La vendetta e la rieducazione
- L’aggressione e il branco
- Ho superato l’aggressione, ma non perdono le offese
- L’autorevolezza dei docenti e le novità legislative
- L’interesse mediatico
- Il messaggio ai colleghi
- Aggressione Latrecchiana: il calcio in faccia e poi il silenzio
- La lettera del professor Rocco Latrecchiana
Il fatto di cronaca
Rocco Latrecchiana è stato l’ospite d’onore del dibattito “Aggressioni in cattedra: cause e soluzioni per una scuola più sicura” organizzato dalla rivista online “La Scuola Oggi” e tenutosi a Roma il 22 novembre 2024 con la partecipazione dei sindacati del comparto scuola e di rappresentanti del mondo politico e istituzionale.
Appena un mese prima – esattamente il 15 novembre – era stato vittima della “furia” di un alunno 16enne, semplicemente per averlo invitato a spegnere il cellulare dal quale stava ascoltando della musica in classe.
L’aggressione – improvvisa, violenta ed inattesa – era avvenuta nel corridoio della scuola, durante il tragitto verso la vicepresidenza e si era conclusa con il professor Latrecchiana costretto a ricorrere alle cure del Pronto soccorso a causa della rottura del setto nasale.
Fortemente provato e deluso, lo stesso aveva fin da subito confessato: “Non so se tornerò ad insegnare”.
La delusione di Latrecchiana
Alcuni mesi dopo l’aggressione, il professor Latrecchiana ha ripercorso i drammatici momenti dell’aggressione intervenendo con un post sulla pagine Facebook “La sensibilità dell’anima”:
- “Mi chiamo Rocco Latrecchiana, sono un insegnante di 48 anni laureato in architettura, sono docente di matematica, progettazione, storia dell’arte e disegno.
Era il mio primo giorno all’istituto professionale Emilio Lombardini, ad Abbiategrasso. Dovevo cominciare da una classe seconda, nell’ora di laboratorio di grafica, quando un allievo ha acceso la musica sul telefonino.
Gli ho chiesto di spegnere e lui mi ha offeso verbalmente, fingeva di spegnerla per poi riaccenderla. A quel punto è intervenuto un altro ragazzo, che ha iniziato a insultarmi dicendomi: “Chi ca… sei tu per dirgli di spegnere?“. Lo avevo invitato a sedersi ma, visto che si rifiutava, gli ho detto di seguirmi in vicepresidenza.
Mentre eravamo nei corridoi, si è voltato e mi ha fatto cadere per terra, per poi colpirmi con un calcio sul volto. I colleghi e il personale ATA [ndr: A differenza di quanto scritto nel post, Latrecchiana precisa che non erano presenti altri studenti oltre all’aggressore] mi avevano soccorso, ed ero stato portato in codice verde all’ospedale con il naso rotto.
Lui ha 16 anni, adesso è stato pure riammesso in classe. L’istituto aveva deciso di espellerlo, ma l’organo di garanzia dell’Ufficio Scolastico Regionale, su pressione dei legali della sua famiglia, ha contestato il provvedimento e così hanno deciso di farlo tornare in aula.
L’ufficio ha detto di aver tenuto conto, nella sua decisione, della esclusione della sua famiglia dalla composizione allargata del consiglio di classe che ha deciso l’espulsione.
Dopo quanto è successo, ho pensato seriamente di lasciare l’insegnamento.”
L’intervista
Rocco Latrecchiana non è stato solo l’ospite d’onore del nostro dibattito sulla violenza ai danni dei docenti e del personale scolastico in genere.
La sua aggressione è, in un certo senso, l’emblema del disagio che pervade il mondo della scuola, sempre più – suo malgrado – al centro della cronaca.
Per questo abbiamo deciso di non lasciarlo solo e di “accompagnarlo” durante questa difficile e sofferta fase della sua vita, sia umana che professionale.
Ed è anche per questo che lo stesso ha deciso di affidare a noi – in anteprima – l’ufficializzazione della sua decisione irrevocabile nel corso di un’intervista esclusiva.
Lo scorso 30 gennaio, infatti, il professor Latrecchiana ha rassegnato le proprie dimissioni dall’incarico ancora in corso e chiuso definitivamente il registro.
“Ho riflettuto molto – ha raccontato – e non me la sono più sentita di continuare questo tipo di esperienza, durante la quale ho comunque vissuto tantissimi bei momenti”.
Latrecchiana chiude definitivamente il registro
É stata una decisione sofferta e tutt’altro che facile. Ma a distanza di poco più di tre mesi dall’aggressione, il professor Latrecchiana non ce l’ha fatta a dimenticare. E per questo ha deciso di chiudere per sempre quel registro che lo ha accompagnato per 7 lunghi anni.
I lividi sono passati, ma le cicatrici quelle no – fanno ancora male.
“Penso che sia arrivato il momento di cambiare e di fare una nuova esperienza – ha detto – Non mi ci rivedevo più in un ruolo dove si ha a che fare con dei ragazzi molto giovani. Mi sento un pochettino più debole e non mi sento più neanche all’altezza di poterli difendere dalle loro fragilità”.
Lo stesso ha poi ammesso: “Per me è una resa. Anche se non sono entrato nel mondo della scuola per “vocazione”, ho sempre fatto tutto con grande impegno. E la mia è una resa perché oggi non riuscirei a mantenere lo stesso impegno. Nella scuola ci sono ottimi docenti – e io non mi sento più utile”.
La solidarietà dei colleghi, degli ex alunni e del dirigente scolastico
In tutti questi mesi, Latrecchiana ha ricevuto la solidarietà di tantissimi colleghi, molti dei quali preoccupati per l’escalation degli episodi di violenza nel mondo scolastico.
“La cosa che, però, mi ha fatto più piacere – ha riferito – è stata la solidarietà di moltissimi miei ex studenti: forse qualcosa di buono sono riuscito a fare in questi 7 anni”.
E se il dirigente scolastico dell’istituto di istruzione superiore “Lombardini” di Abbiategrasso non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione sull’accaduto trincerandosi dietro il più classico dei “no comment”, il professor Latrecchiana non tradisce alcun disappunto.
“Non sono deluso – ha spiegato – Sono sempre stato in contatto con il dirigente scolastico. È comprensibile: sono situazioni estremamente delicate e credo che sia il modo migliore per proteggere la sua comunità scolastica. E ho avuto più volte modo di dire quanto il dirigente mi sia stato vicino: mi ritengo fortunato ad averlo conosciuto. Se ha ritenuto questo tipo di soluzione la più opportuna, lo ha fatto nell’interesse sia degli studenti che dei miei colleghi”.
La vendetta e la rieducazione
All’indomani della violenta aggressione la famiglia del 16enne ha immediatamente inviato un messaggio di scuse al professo Latrecchiana. Scuse che però non sono mai arrivate da parte del 16enne che gli ha causato la rottura del naso con un calcio.
“Le scuse del ragazzo? – ha precisato – Non le ritengo importanti. Magari in un futuro sentirei la famiglia con piacere, perché anche per loro deve essere stato veramente travolgente. Ma lascerei passare ancora un po’ di tempo prima di risentirla. Il ragazzo è minorenne, quindi aspetterei piuttosto un passo della famiglia”.
Così come già ribadito più volte nel corso delle sue dichiarazioni nell’arco di questi mesi, il professor Latrecchiana non cerca vendetta.
“Nessuna vendetta, piuttosto un percorso di recupero – ha affermato – Non ho nessun rancore, non servirebbe. Il ragazzo è molto giovane e credo che sia ben seguito in questo aspetto. Fortunatamente per lui ha una famiglia molto attenta a questi temi. Quindi, è auspicabile che venga rieducato o, meglio, guidato da specialisti”.
L’aggressione e il branco
Ripensando alla sua aggressione e al contesto in cui è arrivata, il professor Latrecchiana rilancia la teoria del branco.
“Non esiste nessun cattivo studente – ha detto – sono tutti ottimi ragazzi che mi hanno dato tanto e ai quali ho provato a restituire qualcosa anch’io. A volte scattano però delle dinamiche estremamente delicate la cui interpretazione la lascio agli esperti sociologi. E personalmente non credo di avere la preparazione necessaria per affrontare questo tipo di momenti”.
Lo stesso ha, quindi, aggiunto: “La scuola è cambiata molto in questi 7 anni e l’effetto Covid non ci ha reso migliori, anche a causa della mancanza di relazioni e dell’aumento dell’insicurezza. Sono ragazzi molto giovani che si stanno formando e, quindi, l’incertezza o la superficialità vengono espresse da comportamenti che a volte sfuggono”.
Ho superato l’aggressione, ma non perdono le offese
Se il professor Latrecchiana ammette di aver superato già da tempo l’aggressione fisica, non così per le pesanti offese verbali ricevute.
“Ho superato l’aggressione fisica – ha ammesso – ma non le offese verbali. È difficile. Noi non siamo i nemici degli studenti. Anzi, il nostro compito è anche quello di dare una mano a chi è in difficoltà. Però non si può offendere una persona che lavora: non lo trovo corretto”.
L’autorevolezza dei docenti e le novità legislative
Sulla progressiva perdita dell’autorevolezza da parte dei docenti Latrecchiana non ha nessun dubbio: “Serve una rieducazione civica fin dalle prime classi”.
Mentre per quanto riguarda le novità legislative e, in particolar modo, l’inasprimento delle pene fortemente voluto dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, il professor Latrecchiana si è detto pienamente soddisfatto.
“Credo che il Ministero si sia mosso in maniera tempestiva – ha raccontato ai nostri microfoni – e l’ho apprezzato tantissimo. Non sono un esperto e non so perché, nonostante l’inasprimento delle pene, questi episodi continuino a verificarsi. Abbiamo, però, verificato che se non c’è la certezza della pena difficilmente può funzionare. Dovevano agire in fretta e l’hanno fatto e questo per me è un grandissimo segnale”.
L’interesse mediatico
Il professor Rocco Latrecchiana ha ripercorso con noi anche l’attenzione e il silenzio che sono seguiti alla sua aggressione nel corso degli ultimi mesi. E che sono cosa ben diversa rispetto al diritto all’oblio.
“Ho avuto ottimi riscontri dal punto di vista umano – ha osservato – É, invece, calato l’interesse mediatico e credo che sia corretto. D’altro canto il mio piccolo fatto di cronaca è stato surclassato da altri fatti di cronaca. Ad ogni modo è importante che i giornalisti continuino ad occuparsi di casi come questo”.
Il messaggio ai colleghi
Il professor Latrecchiana, dopo aver annunciato che invierà una mail ai propri colleghi per comunicare loro la sua decisione, ha tuttavia voluto indirizzare loro un messaggio attraverso il nostro giornale.
“Hanno tutta la mia stima per fare un mestiere non semplice e con grandi responsabilità – le sue parole – Auguro loro di fare sempre al meglio il loro lavoro quotidiano: io purtroppo non ci sono riuscito”.
Lo stesso ha, inoltre, espresso solidarietà a quei docenti che si sono trovati a vivere episodi di violenza simili al suo.
“Raccontate – ha auspicato – perché parlandone con specialisti, giornalisti e genitori può venirne fuori qualcosa di buono”.
Aggressione Latrecchiana: il calcio in faccia e poi il silenzio
Una volta passato il clamore mediatico, resta solo un uomo e la sua ferita. Una volta spremuta la notizia fino all’ultima goccia, tutto il resto non conta più, non ha più nessuna importanza.
Quando un pugno in faccia non è più un trend, non fa più notizia, non fa più click, finisce inevitabilmente nella spazzatura. Rigorosamente indifferenziata.
La sofferenza, il disagio, la paura e la rabbia non interessano più a nessuno. Non servono più a nessuno.
L’informazione dà e toglie allo stesso tempo. Troppo in fretta. Senza pietà né riguardo.
I riflettori si spengono bruscamente. Nessuno ti saluta più. Nessuno si ricorda più di te.
E così la vittima torna, suo malgrado, a respirare il silenzio e l’indifferenza. Che, a volte, fanno più male di un pugno in faccia e di un naso fratturato.
Resta l’amara sensazione di essere stati usati. Il sapore acidulo della comparsa.
Eppure la storia non finisce. Continua. Giorno dopo giorno. Il dolore non passa – anche quando guariscono le ferite. Si sente ancora – sotto la pelle, fin dentro l’anima.
Insieme alla paura e alla rabbia. Sotto il peso opprimente dell’impotenza che ti schiaccia e vince. Sconfitto e disarmato.
Lontano dai riflettori e dalle pagine dei giornali. Un uomo solo davanti allo specchio.
Una vittima – dimenticata e abbandonata.
Non è la resa di Latrecchiana, non è la sconfitta di Latrecchiana. Piuttosto è la resa e la sconfitta della scuola.
La lettera del professor Rocco Latrecchiana
Prima dell’intervista, il professor Rocco Latrecchiana ci aveva fatto pervenire una lettera che riproponiamo integralmente:
“Sono entrato nel mondo della scuola a gennaio 2017, non per vocazione. Sono un architetto libero professionista, avere la certezza di uno stipendio sicuro mi restituiva una certa sicurezza.
Non sono entrato nel mondo della scuola per missione, ma ho sempre lavorato con molta serietà e impegno. Ho commesso degli errori, ho fatto anche qualche cosa di buono, sono contento per quello che ho dato e ricevuto.
Ho visto la crescita sia fisica che caratteriale di molti studenti, ho vissuto insieme a loro momenti di fragilità e momenti divertenti, non ho dubbi di essere riuscito ad insegnare qualcosa di utile.
Il 30 gennaio 2025 ho chiuso il rapporto di lavoro con la mia ultima scuola. Questo lavoro non è più adatto alle mie esigenze. Ringrazio chi mi ha permesso di vivere questa esperienza, nel suo complesso posso dire che sia stata una buona esperienza, ma ora è il momento di fare altro.
Ho deciso di chiudere la mia carriera scolastica il 15 ottobre 2024, il giorno della mia aggressione. Non ho nessun rancore, ma non riesco ad essere sereno.
I nostri ragazzi sono speciali, sono fragili, anche un po spaventati, i nostri studenti stanno vivendo un momento storico di grande incertezze, rispetto agli anni novanta sono cambiate tantissime dinamiche, io personalmente non credo di avere la possibilità ora di poterli proteggere, perché se singolarmente sono davvero speciali in gruppo spesso si comportano in modo diverso. La dinamica del gruppo è molto complessa, io ora non ho le capacità di contenerla.
Auguro a tutti i miei colleghi (insegnanti, collaboratori e presidi) di poter svolgere il proprio lavoro come desiderano. Auguro agli studenti di fare le più belle esperienze della loro vita all’interno della scuola, auguro a tutti i genitori di avere soddisfazioni per i risultati che raggiungeranno i loro figli, ringrazio con affetto tutti quelli che hanno vissuto con me questa esperienza.”