Il tema dell’educazione sessuale a scuola continua a suscitare un acceso dibattito in Italia, con posizioni fortemente divergenti tra politica, istituzioni e opinione pubblica.
Recentemente, il vicepremier Matteo Salvini ha espresso la sua opinione favorevole all’introduzione di corsi di educazione sessuale nelle scuole, ma solo con precisi limiti e condizioni.
Al contempo, il governo italiano ha deciso di riorientare i fondi pubblici destinati alla sensibilizzazione sulla sessualità verso la formazione degli insegnanti in materia di infertilità, scatenando nuove polemiche.
La posizione di Matteo Salvini sull’educazione sessuale
Matteo Salvini, leader della Lega e vicepremier, ha recentemente rilasciato dichiarazioni in cui ha espresso il suo sì all’introduzione dell’educazione sessuale nelle scuole, ma a delle precise condizioni.
Secondo Salvini, tale materia dovrebbe essere insegnata solo a partire dai 14 anni, con un approccio che non includa “ideologie” specifiche legate alla teoria di genere o all’uso di un linguaggio inclusivo come l’asterisco o la schwa.
Il vicepremier ha criticato quelle che definisce come “teorie ideologiche” che, a suo avviso, potrebbero confondere gli studenti, sottolineando la sua opposizione a forme di educazione sessuale che potrebbero esporre i giovani a contenuti ritenuti troppo radicali o politicizzati.
Salvini ha posto grande enfasi sulla libertà educativa, ritenendo che i genitori debbano essere i principali responsabili del consenso o del rifiuto di tali programmi, garantendo così il diritto di scelta in merito all’educazione dei propri figli.
Inoltre, ha ribadito il suo impegno nel combattere la discriminazione in base all’orientamento sessuale, proponendo un inasprimento delle pene per coloro che commettono atti di violenza o discriminazione contro persone LGBTQ+.
La riorganizzazione dei fondi per l’educazione sessuale
In precedenza, la Legge di Bilancio 2025 aveva previsto l’allocazione di 500.000 euro per promuovere l’educazione sessuale e affettiva nelle scuole secondarie.
Tuttavia, il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, ha annunciato che tali fondi saranno destinati alla formazione degli insegnanti sulla prevenzione dell’infertilità, focalizzandosi su tematiche relative alla fertilità maschile e femminile.
La decisione di ridurre l’attenzione sull’educazione sessuale, a favore di una formazione più specifica sulla fertilità, è stata accolta con delusione da parte di molte organizzazioni civili e associazioni che da anni spingono per una maggiore attenzione alla formazione dei giovani su questi temi.
In particolare, la FLC CGIL ha espresso forte disappunto per il fatto che i fondi non vengano utilizzati per un programma educativo più inclusivo, che risponda alle sfide contemporanee in materia di sessualità e identità di genere.
Alcuni esperti del settore ritengono che un programma di educazione sessuale completo, che includa non solo aspetti legati alla fertilità, ma anche l’approfondimento di temi come il consenso, la relazione affettiva sana e la lotta contro la violenza di genere, sarebbe necessario per formare adulti consapevoli e rispettosi dei diritti altrui.
Le reazioni della società civile e delle istituzioni
Le decisioni del governo italiano hanno generato un ampio dibattito nella società civile, con molti che chiedono una revisione delle politiche educative.
Diverse associazioni e gruppi per i diritti civili hanno criticato la riorganizzazione dei fondi e l’approccio troppo limitato verso l’educazione sessuale, temendo che tale scelta possa ostacolare l’emancipazione dei giovani e il rispetto delle loro libertà individuali.
Molti ritengono che l’educazione sessuale non debba essere solo una questione di prevenzione o fertilità, ma un’opportunità per trattare temi come il rispetto delle differenze, la lotta contro l’omofobia e la violenza di genere, la consapevolezza del proprio corpo e delle proprie emozioni.
Le polemiche hanno anche riguardato il fatto che il dibattito sull’educazione sessuale si stia spesso mischiando con altre questioni politiche, come l’adozione di linguaggi inclusivi o la teoria di genere, creando una sorta di confusione che rischia di distogliere l’attenzione dagli obiettivi educativi fondamentali.
I sostenitori di una maggiore inclusione, infatti, temono che questa dicotomia ideologica finisca per penalizzare le scuole e, di conseguenza, i giovani studenti che avrebbero bisogno di una formazione seria e completa.