ChatGPT a scuola: un errore “virale” che fa riflettere sull’educazione digitale

Rosalia Cimino

3 Giugno 2025

Compito con scritta chatgpt

ChatGPT a scuola: un errore “virale” che fa riflettere sull’educazione digitale

Quiz GPS

L’intelligenza artificiale sta rapidamente trasformando il modo in cui apprendiamo, lavoriamo e interagiamo. Nelle scuole, strumenti come ChatGPT sono ormai una realtà quotidiana, utilizzati da studenti e docenti per ricerche, compiti, simulazioni. 

Tuttavia, l’uso inappropriato di questi nuovi “mezzi di lavoro” può dare vita a episodi che sollevano interrogativi profondi sull’etica scolastica, sull’autenticità del sapere e sul ruolo formativo degli insegnanti. 

L’ultimo emblematico caso in ordine temporale ha fatto il giro dei social, riportando al centro del dibattito il legame tra tecnologia e istruzione.

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Il caso dello studente “smascherato” da ChatGPT

Uno studente, nello svolgere un compito a casa, ha copiato integralmente la risposta fornita da ChatGPT, dimenticando però di rimuovere l’intestazione automatica del prompt dell’IA. 

L’errore, visibile nel documento consegnato, ha immediatamente svelato l’origine del testo. Il professore, Enrico Galiano – noto anche come scrittore e divulgatore – ha pubblicato l’accaduto sui suoi canali social, generando una reazione a catena. 

Non tanto per la “furbata” in sé, quanto per ciò che simboleggia: un’intera generazione che cresce in mezzo agli algoritmi senza che sia stato ancora tracciato un percorso educativo chiaro su come conviverci.

Lo screenshot condiviso

Lo screenshot condiviso da Galiano ha avuto un effetto virale. Docenti, genitori, pedagogisti e utenti comuni hanno commentato l’episodio con ironia, preoccupazione o spirito critico. 

Qualcuno ha sottolineato che il problema non è l’uso dell’intelligenza artificiale, ma la mancanza di consapevolezza e di educazione al suo utilizzo. 

Altri hanno ricordato come la scuola debba evolversi per non farsi travolgere da questi strumenti, trasformando le minacce in occasioni didattiche. 

L’episodio ha messo in luce anche una questione più profonda: quanto vale oggi un compito scritto? Ha ancora senso assegnarlo se la verifica reale delle competenze avviene altrove, come in aula, nel dialogo e nel pensiero critico?

Ripensare l’educazione nell’era dell’intelligenza artificiale

Il dibattito nato da questo incidente ha offerto lo spunto per una riflessione più ampia. Gli insegnanti stanno sempre più riconoscendo che l’apprendimento autentico non può prescindere dalla relazione diretta tra studente e docente

In aula, infatti, emergono competenze trasversali che nessuna IA può riprodurre: la capacità di argomentare, di porre domande, di esprimere opinioni. 

Per questo, alcuni educatori stanno riducendo o modificando i compiti a casa, preferendo esercitazioni orali, lavori di gruppo e attività svolte in classe.

Non si tratta di rinunciare alla tecnologia, ma di governarla. Gli studenti devono imparare a usarla come uno strumento, non come una scorciatoia. 

Al contempo, la scuola ha l’obbligo di fornire linee guida chiare, aggiornare le competenze digitali del personale docente e promuovere un’educazione critica all’intelligenza artificiale. 

Solo così sarà possibile far convivere etica e innovazione in un sistema educativo che non può più permettersi di ignorare il cambiamento in corso.