L’attuale sistema scolastico italiano si trova a fronteggiare una crisi strutturale che ha portato a una situazione di precariato senza precedenti. Le recenti dichiarazioni del segretario generale della FLC CGIL, Gianna Fracassi, denunciano un fenomeno che interessa l’intero comparto della conoscenza, evidenziando come la mancanza di stabilità e l’abbondanza di contratti a termine stiano minando la qualità dell’istruzione e la continuità del servizio educativo.
In questo contesto, la necessità di interventi riformatori si fa sempre più urgente, sia per garantire condizioni di lavoro dignitose agli operatori della scuola, sia per rispondere alle crescenti esigenze territoriali.
Un quadro preoccupante: dati e analisi della situazione
Le stime ufficiali indicano che il numero di lavoratori precari nel settore dell’istruzione ha raggiunto cifre record, con oltre 260.000 unità coinvolte.
I dati del rapporto ARAN del 2022 rivelano un totale di 285.993 precari, comprendendo sia il personale docente che quello ATA, e sottolineano come il fenomeno sia particolarmente acuto nei posti di sostegno.
La situazione assume un rilievo ancora maggiore in regioni densamente popolate come la Lombardia, dove il fabbisogno di personale si scontra con tagli e riduzioni dell’organico, generando una crisi di reclutamento particolarmente critica soprattutto negli istituti di istruzione secondaria di secondo grado.
Proposte di riforma e critiche al modello attuale
Di fronte a una situazione così delicata, le voci sindacali invitano il governo a realizzare interventi strutturali mirati alla stabilizzazione del personale scolastico.
Gianna Fracassi ha ribadito l’urgenza di un piano pluriennale che preveda non solo un incremento degli organici, soprattutto nelle aree a maggiore densità, ma anche un adeguamento retributivo che compensi la perdita del potere d’acquisto causata dall’inflazione.
Fracassi ha inoltre criticato aspramente le recenti riforme normative, considerate “controriforme”, che secondo lei rappresentano un tentativo esplicito di indebolire il settore della conoscenza, colpendo non solo la filiera tecnologica e professionale ma anche il sistema universitario attraverso misure come il DDL Bernini.
Parallelamente, le nuove indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e il primo ciclo, previste per il 2026/2027, sono state giudicate inadeguate e arretrate rispetto alle reali necessità degli studenti.
Sebbene il decreto-legge PNRR rappresenti un primo passo nel contrastare il fenomeno dei “diplomifici”, la critica più incisiva riguarda la mancanza di interventi strutturali capaci di garantire la regolarità delle frequenze e la validità dei titoli di studio.