Falsi titoli ATA per ottenere un lavoro: collaboratrice scolastica accusata di truffa e danno erariale

Rosalia Cimino

6 Dicembre 2024

Collaboratore scolastico che dice una bugia incrociando le mani

Falsi titoli ATA per ottenere un lavoro: collaboratrice scolastica accusata di truffa e danno erariale

Una collaboratrice scolastica della provincia di Udine è al centro di una vicenda giudiziaria che coinvolge presunti falsi titoli di studio e di servizio ATA presentati per ottenere un incarico di supplenza a tempo determinato. Ricostruiamo la vicenda.

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La vicenda: le accuse e il ruolo dei falsi titoli

Secondo la Procura della Repubblica di Udine, la collaboratrice scolastica al centro delle accuse avrebbe dichiarato il falso, ovvero di possedere qualifiche e esperienze lavorative inesistenti, ottenendo così un posto nelle graduatorie e percependo retribuzioni indebite

L’indagine, condotta dalle Fiamme Gialle, ha portato alla luce un presunto danno erariale a carico dell’amministrazione scolastica. Il periodo di riferimento oscilla tra il 2017 e il 2019.

Nel corso di questi due anni, l’imputata avrebbe ottenuto incarichi di supplenza temporanea grazie alla falsificazione di documenti relativi a titoli di studio e servizi pregressi. 

Questi elementi, secondo la Procura regionale del Friuli Venezia Giulia, sarebbero stati determinanti per consentirle di scalare la graduatoria e ottenere contratti di lavoro a tempo determinato, causando un danno economico all’amministrazione pubblica.

L’accusa sostiene che la lavoratrice non fosse né in possesso del titolo di studio richiesto né avesse maturato l’esperienza dichiarata. Di conseguenza, le retribuzioni percepite durante gli incarichi rappresentano somme indebitamente corrisposte, configurando un danno erariale che richiede un risarcimento.

NASPI e danno risarcibile: il giudizio della Corte dei Conti

Un aspetto rilevante, emerso durante il processo, riguarda l’indennità di disoccupazione NASPI

La Corte dei Conti del Friuli Venezia Giulia, nella sentenza 40/2024, ha chiarito che tale indennità non può essere inclusa nel calcolo del danno risarcibile, in quanto non era stata oggetto della contestazione iniziale da parte della pubblica accusa. 

Inoltre, l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), che eroga la NASPI, non è stato indicato come amministrazione danneggiata.

La Corte ha osservato che includere l’indennità NASPI nel risarcimento avrebbe costituito una decisione viziata da ultrapetizione, ossia una pronuncia oltre i limiti delle richieste avanzate. 

Tuttavia, la sentenza lascia intendere che, qualora tale indennità fosse stata contemplata sin dall’inizio nella contestazione, avrebbe potuto essere computata nel risarcimento.

Conseguenze e riflessioni sulla vicenda

La vicenda evidenzia le complesse implicazioni di casi di truffa ai danni della pubblica amministrazione. 

Da un lato, si sottolinea l’importanza di verifiche approfondite sui titoli presentati per le assunzioni nel settore pubblico; dall’altro, emerge la necessità di definire chiaramente i criteri per il calcolo dei danni risarcibili, come dimostrato dal caso NASPI.

La sentenza rappresenta un precedente significativo, in quanto delimita l’ambito del risarcimento ai soli importi relativi alle retribuzioni percepite indebitamente, escludendo somme che non erano state oggetto di specifica contestazione. 

Questo approccio, pur salvaguardando il principio di legalità, apre interrogativi su eventuali future implicazioni in casi simili.