Le dichiarazioni di Roberto Vecchioni sulle Nuove Indicazioni Nazionali per il curricolo scolastico hanno acceso un acceso dibattito. Durante un intervento pubblico, il cantautore e docente ha sottolineato l’importanza di imparare a memoria, richiamandosi alla tradizione classica, ma ha precisato che è altrettanto fondamentale comprendere profondamente ciò che si memorizza.
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SOMMARIO
ToggleLe parole di Vecchioni e il riferimento a Dante
Vecchioni ha citato Dante Alighieri («Apri la mente a quel ch’io ti paleso/ e fermalvi entro; ché non fa scienza/ senza lo ritenere, avere inteso», Paradiso, Canto V) come esempio supremo di conoscenza che unisce memoria e comprensione.
“Puoi leggere tutte le poesie che vuoi – ha poi chiarito – ma se non capisci cosa significano non serve a niente. La cosa più importante è capire il senso di quello che stai leggendo, non ripetere le parole a macchinetta”.
Tuttavia, la terzina citata da Vecchioni sarebbe, in realtà, “un invito a trattenere nella memoria, a memorizzare (“ritenere”) ciò che Beatrice sta dicendo a Dante”.
A sostenerlo, attraverso le pagine di “Libero Quotidiano” è il professor Sandro Consolato, che afferma: «Ribaltato totalmente il significato di alcuni versi di Dante. Danno agli altri degli ignoranti e poi dicono cazzate».
Secondo Vecchioni, tuttavia, la memoria è un ponte verso una comprensione più ampia del testo e delle sue implicazioni culturali.
Il contesto delle Nuove Indicazioni Nazionali
Il dibattito si inserisce nel quadro delle Nuove Indicazioni Nazionali, che puntano a rinnovare l’approccio didattico nelle scuole italiane.
Tra gli obiettivi principali c’è quello di integrare metodi tradizionali con tecnologie digitali e strategie didattiche innovative.
Tuttavia, il ruolo della memoria rimane centrale in alcune discipline, soprattutto nelle materie umanistiche, dove la padronanza del linguaggio e la conoscenza dei testi classici sono ancora considerati fondamentali.
Vecchioni ha ricordato che la cultura italiana è intrisa di tradizione orale e che molti grandi autori, da Dante a Manzoni, hanno valorizzato la forza evocativa della parola recitata.