La questione della Carta del Docente è da mesi al centro di polemiche, in quanto i fondi per l’aggiornamento professionale sono stati destinati esclusivamente ai docenti di ruolo, a chi è in forza di una sentenza passata in giudicato e – dal 1° Gennaio 2025 – ai precari con contratti a termine al 31 agosto (con importo variabile, da fissare di volta in volta).
I docenti precari con contratti al 30 giugno si trovano quindi costretti a ricorrere alle vie legali per ottenere il riconoscimento di 500 euro da destinare alla formazione. Ma, proprio in caso di ricorso in tribunale chi paga le spese processuali? Lo scopriamo.
Il caso
Facciamo riferimento al caso recente di una docente precaria che ha lavorato con incarichi a tempo determinato per il Ministero dell’Istruzione, lamentando il mancato accesso alla Carta docente prevista dalla legge n.107 del 2015 per l’aggiornamento professionale.
Pur ottenendo il riconoscimento del diritto alla carta, il Tribunale non ha condannato il Ministero al pagamento delle spese processuali, compensandole interamente per la “novità della questione“.
La docente ha impugnato questa decisione sostenendo che, al momento della sentenza di primo grado, esistevano già pronunce della Cassazione e del Consiglio di Stato che chiarivano il diritto del personale precario alla carta, rendendo infondata la tesi della “assoluta novità”. Ha quindi richiesto la condanna del Ministero alle spese legali.
La Corte d’Appello di Bari ha accolto solo parzialmente l’appello, ritenendo corretto compensare le spese processuali, ma solo al 50%. Ha riconosciuto che, sebbene la questione fosse stata oggetto di pronunce non uniformi in passato, il diritto della docente era già stato chiarito in modo definitivo.
Inoltre, ha sottolineato che la docente ha dovuto ricorrere al Tribunale a causa della condotta della Pubblica Amministrazione, in violazione del principio di non discriminazione tra lavoratori a termine e a tempo indeterminato.
La Corte ha quindi condannato il Ministero al pagamento della metà delle spese legali di primo grado, ribadendo che la “Carta docente” spetta anche al personale precario.