Concorso PNRR1, la lettera di un candidato: “Esperienza aberrante”

l'aspirante docente anonimo oscurato

Riceviamo, e pubblichiamo integralmente, la lettera di un aspirante docente – M.I. che ha chiesto di rimanere anonimo – reduce dalla deludente partecipazione al Concorso straordinario ter (il cosiddetto, PNRR1). Il suo obiettivo è semplicemente quello di “segnalare l’ambiguità di questo concorso, dalle gravi inefficienze organizzative degli Uffici Scolastici Regionali alle iniquità sorte durante le prove concorsuali”. 

In particolare, lo stesso accusa il Ministero dell’Istruzione e del Merito, “in preda al panico” dopo che la prova scritta era stata superata da un numero spropositato di candidati, di aver “invitato le commissioni alla bocciatura e alla selezione rigorosa”.

La lettera dell’aspirante docente

“Sono un aspirante docente che ha partecipato all’ultimo concorso (il cosiddetto PNRR1 – Concorso Straordinario ter) per la docenza nella Scuola secondaria di I e II grado. 

Vi scrivo per raccontarvi la mia esperienza e quella dei tanti che come me si erano illusi che la preparazione e la propensione a dare qualcosa agli altri fossero essenziali per avere l’opportunità di insegnare, e invece si sono trovati ad affrontare situazioni a dir poco assurde. Iniziamo. 

Nell’ottobre del 2023, felice degli annunci sull’imminente indizione del Concorso scuola, mi accingo allo studio della pedagogia, delle metodologie didattiche e della legislazione scolastica in vista della prova scritta che, secondo i sindacati e lo stesso Ministero, si terrà prima della fine dell’anno. 

Tuttavia passano i mesi e, finalmente, solo a dicembre il concorso viene bandito e io decido di sostenerlo in Piemonte

libri aperti sulla scrivania

Continuo a studiare con molta dedizione e a marzo, quando sostengo la prova scritta, incasso attonito il primo colpo: l’esame è così semplice che un numero cospicuo di persone lo supera senza mai aver toccato libro; io, che nei mesi precedenti avevo rinunciato a proposte di lavoro e opportunità per dedicarmi completamente allo studio, torno a casa molto dispiaciuto. 

Immagino che abbiano voluto evitare una postura troppo escludente, dando l’occasione quasi a tutti di affrontare la prova orale. 

Mi lascio persuadere da questo spirito di solidarietà verso chi non ha potuto (o voluto) esercitarsi al meglio, ma ho un dubbio: se lo studio non è fondamentale per superare una prova, cosa si aspettano la scuola e il Ministero da noi? Se mai diventerò un docente, dovrò insegnare ai miei studenti che la conoscenza sia inutile per affrontare le prove della vita? 

Ad ogni modo, si ricomincia con i grandi annunci e gli Uffici Scolastici Regionali all’indomani degli scritti si dicono pronti a nominare le commissioni per l’orale perché il concorso dovrà concludersi entro e non oltre il 31 luglio 2024. 

Così, dopo qualche giorno di riposo, riprendo in mano i libri: letteratura, storia, geografia, grammatica, linguistica, epica; il programma richiesto è immenso e il bando non è chiaro sulle modalità di esame, però per affrontare l’ignoto ho sempre pensato di dover essere preparato al massimo. 

Cominciano le prove nelle prime regioni e scopriamo che l’esito dell’esame sarà determinato dal caso, poiché la nostra capacità di essere dei buoni insegnanti sarà misurata sulla base di una domanda sorteggiata. 

una biblioteca

Tutto è in balìa del fato e gli amici che hanno già sostenuto le prove in altre regioni mi dicono che è solo questione di fortuna. 

Di fatto, molti si presentano nuovamente all’esame senza aver studiato e riescono a superarlo con voti pieni grazie a domande propizie e generiche, mentre altri vengono respinti per non essere stati in grado di ricordare a memoria il verso di una poesia di un autore nascosto nei margini dei libri di testo o di definire concetti storiografici opinabili e datati, ricopiati dai titoli dei paragrafi dei manuali universitari. 

Siamo di nuovo al paradosso. Sono atterrito, ma scelgo di continuare a seguire lo stesso principio: per affrontare l’ignoto si deve essere preparati al massimo. Insisto con lo studio. 

Nel frattempo siamo a giugno e, mentre altrove ci si appresta a concludere le procedure concorsuali, dal Piemonte nessuna nuova: trascorro intere giornate nel limbo, sebbene dagli Uffici consiglino di stare all’erta perché le convocazioni potrebbero arrivare da un momento all’altro… 

Intanto, il 31 luglio giunge tranquillo e mi rassegno all’attesa. A fine agosto il giubilo: habemus convocationem! Sono chiamato a sostenere la prova orale in A012, nonostante sia già passato un anno dai grandi proclami del Ministero, incredibile! 

un candidato disperato dopo l'esito del concorso

Ricolmo di speranze, salgo su un treno verso il Piemonte. I candidati sono tanti, quindi ci si è organizzati in diverse sottocommissioni, purtroppo poco coordinate tra di loro: da Asti a Torino, ciascuno valuta i candidati secondo i propri metri di giudizio rendendo le graduatorie finali fortemente imparziali – ricordiamo che nelle graduatorie rientrano solo i vincitori in proporzione con i posti messi a bando e non tutti gli idonei che hanno superato l’orale, un fatto del tutto privo di logica, visto lo stato del precariato scolastico italiano. 

Insomma, se ti è capitata la commissione più severa, superi la prova con grande fatica o sei bocciato (tra l’altro con un trattamento a dir poco svilente); se hai la fortuna di essere stato assegnato ad una delle commissioni più “morbide”, ottieni un buon voto e magari vinci il concorso; se poi disponi di una riserva (Servizio Civile Universale etc.), ti basta anche solo la promozione per essere ammesso fra i vincitori. 

Abbattuto, mi chiedo come si possa pretendere dalla gente di affidarsi alla sorte e non alla conoscenza per diventare insegnanti… 

Il Ministero dell’Istruzione e del Merito si è dato un nome che sembra quasi uno slogan, però questo concorso risulta tutt’altro che in linea con i principi dell’istruzione e del merito. Ma il meglio deve ancora venire. 

A novembre vengo convocato nuovamente per la prova di A022 in una località lacustre di difficile raggiungibilità – centocinquanta anni fa i miei bisnonni impiegarono meno tempo per raggiungere Nuova York con la nave, che noi per raggiungere questa sperduta Svizzera piemontese in treno; ma va bene, lo accetto, “il sacrificio è alla base del successo”, o almeno così dicono. 

Arriva il giorno della prova: lezione simulata tutto liscio e nessuna osservazione; domanda disciplinare perfetta con tanto di complimenti da parte dei commissari; in inglese piacevole conversazione. 

Tutti sorridono, sono cordiali, annuiscono, si mostrano interessati: ho l’impressione di aver sostenuto brillantemente l’esame. Sono convinto di aver superato la prova con un ottimo voto e sono stracontento che la mia abnegazione stavolta sia valsa davvero a qualcosa. 

Che bella sensazione, che rilassatezza, mi consolo pensando che i miei valori abbiano davvero un fondamento… E invece no! 

Questo è un concorso affidato alla totale arbitrarietà delle commissioni, le quali a me come a molti altri (lo scopro nei giorni successivi dalle loro testimonianze) hanno assegnato un voto appena superiore al 70, ossia il minimo. 

Addirittura in tanti, certi di aver superato il concorso, hanno scoperto malamente dopo poche ore di essere stati bocciati. 

candidato al concorso scuola durante lo studio

Sbigottito, cerco di capire se sia possibile ricevere delucidazioni sui criteri valutativi, ma la commissione, che dal vivo era sembrata così affabile e disponibile ad ogni chiarimento, replica che se vorrò potrò richiedere l’accesso agli atti. 

Poi svanisce nel nulla, in quanto, mi dicono telefonicamente, vi sono incombenze molto più importanti da affrontare. “Puff!”, commenterebbe Filippo Tommaso Marinetti godendosi questo bel caos. 

Improvvisamente mi rendo conto di avere le mani legate e l’accesso agli atti di certo non potrà dare risposte sul mio esame: non è stato chiesto a nessuno di assistere come testimone; la prova non era registrata; soprattutto, la commissione non ha mosso osservazioni o critiche alla mia esposizione, ma anzi l’ha esplicitamente apprezzata. Chissà cosa avranno scritto nei verbali… 

In poche parole, non ho alcuna possibilità di comprendere se e quali aspetti dell’esposizione fossero da sistemare e mai potrò dimostrare veramente se la mia prova sia stata un successo o un fallimento. 

Questo concorso, che ci impone giustamente di apprendere metodi e forme della valutazione, può essere davvero così discrezionale

Chiedendo in giro, alcuni amici insegnanti, che hanno avuto modo di confrontarsi con colleghi commissari, affermano che tutto sommato fosse prevedibile un trattamento del genere; difatti, la prova scritta è stata superata da troppe persone, i posti sono pochi e il Ministero in preda al panico ha invitato le commissioni alla bocciatura e alla selezione rigorosa (se intonate le ultime dieci parole in stile Istituto Luce fa un altro effetto, ve lo assicuro!). 

candidati del concorso durante la prova scritta

Dunque, molti commissari hanno abbandonato i panni degli esseri umani per indossare quelli dei burocrati spietati che eseguono ordini provenienti dall’alto: alcuni lo fanno a malincuore, mentre molti, con un pizzico di fierezza per aver raggiunto ruoli apicali nelle gerarchie, sicuri che il proprio sapere sia uno strumento per prevalere sul prossimo e denigrarlo anziché arricchirlo, si abbandonano completamente alla velleità di vivere piccoli momenti di gloria sulla pelle di chi vorrebbe semplicemente provare a sostenere l’ennesimo esame dopo lauree, master, corsi e specializzazioni costati tantissimo tempo, tantissimo malessere e tantissimo denaro che nessuno restituirà. 

Io sono risalito su un aereo e da qualche giorno penso che forse in questo Paese non valga poi la pena di credere in nulla. Viviamo in una realtà disastrata e la decadenza della scuola italiana è la principale causa e dimostrazione di queste macerie. 

In sostanza chi vuole provare a dare un contributo alla società mettendo al servizio dei più giovani le conoscenze e i valori appresi in tanti anni di studio e responsabile impegno, viene liquidato nei modi di cui sopra. 

In fondo in fondo, secondo tanti valenti componenti della scuola italiana il mestiere dell’insegnate è solamente un “posto fisso” da conquistare percorrendo migliaia di chilometri e rimettendoci decenni di vita, soldi, salute mentale. 

“Perché funziona così. È sempre stato così. Anzi, se ti raccontassi ai nostri tempi, caro mio… E adesso anche voi dovrete sopportare questo fardello che sicuramente farà bene alla vostra generazione”. 
È stata un’esperienza aberrante, ai limiti della distopia. Mi sento umiliato. Ma adesso non ho intenzione di fermarmi, poiché quanto accaduto “mi spinge solo ad essere migliore con più volontà”.”

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