La didattica attiva: cos’è e come funziona

La didattica attiva è un metodo impiegato in ambito scolastico, universitario, manageriale e formativo che coinvolge gli studenti attraverso la partecipazione attiva.

Comprende diverse tecniche in grado di stimolare il pensiero critico, l’intelligenza e l’apprendimento e pone al centro lo studente, che diventa attore protagonista.

Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta e come può essere applicata alla didattica moderna

Cosa si intende per Didattica Attiva?

La didattica attiva, a differenza della didattica tradizionale, affida allo studente il ruolo di protagonista del processo di apprendimento attraverso tecniche di coinvolgimento partecipativo che gli permettono, quindi, di acquisire nozioni e conoscenze in modo del tutto attivo. 

L’obiettivo principale è di far vivere agli studenti vere e proprie esperienze, proponendo loro esercitazioni, progetti di gruppo, discussioni e dibattiti che si traducono in momenti di apprendimento interattivo in grado di stimolare la loro creatività e favorire lo sviluppo di abilità relazionali, pratiche e cognitive. 

Da non sottovalutare, poi, un’altra caratteristica: la didattica attiva è totalmente inclusiva. Ciò significa che è rivolta a tutti i componenti della classe, anche ad alunni con autismo, disabilità, BES o DSA, con l’intento di farli collaborare in un’ottica di solidarietà e lavoro di squadra, da una parte, e di autonomia e responsabilità individuale, dall’altra. 

Quali sono i benefici di questo approccio?

Scegliere la didattica attiva consente di ottenere un gran numero di vantaggi sia agli studenti, sia ai docenti. Per quanto riguarda i primi, che hanno la possibilità di andare oltre il semplice apprendimento di concetti e informazioni, si tratta di: 

  • essere più coinvolti e motivati, dato che devono partecipare attivamente alle attività di apprendimento proposte diventando veri e propri protagonisti; 
  • poter apprendere in modo significativo, collegando le nuove conoscenze a esperienze pregresse e, successivamente, applicandole in situazioni reali; 
  • sviluppare competenze trasversali, che comprendono comunicazione, capacità di problem solving, leadership e collaborazione; 
  • essere più autonomi e responsabili, imparando a gestire il tempo a disposizione, risolvendo problemi e prendendo decisioni in totale libertà;
  • stimolare creatività e pensiero critico, spinti dalla voglia di esplorare nuove idee, trovare soluzioni innovative e analizzare con cognizione di causa tutte le informazioni in possesso.

Per quanto riguarda, invece, gli insegnanti, i principali vantaggi a loro favore si possono riassumere in un’ottimizzazione della gestione della classe e in un rafforzamento del legame con tutti i componenti.

Proporre attività partecipative, che coinvolgono gli studenti e li spingono a concentrarsi, permette al docente di vigilare con meno “fatica” e di avere una visione globale più ordinata e gestibile; al contempo, diventando una sorta di consigliere e moderatore, aumenta il livello di fiducia nei suoi confronti da parte degli studenti che, in momenti di difficoltà, possono chiedergli consigli, informazioni e supporto pratico. 

Le principali metodologie della Didattica Attiva: quali e quante sono?

La didattica attiva ha origine nella pedagogia attiva di John Dewey, secondo cui è assolutamente produttivo ed efficace spingere gli studenti ad avere un approccio critico e consapevole all’apprendimento di nozioni, concetti e abilità. E questo tipo di approccio può avvenire solo attraverso l’esperienza, quindi attività pratiche che stimola l’intelligenza, la creatività e il pensiero critico. 

Più nel dettaglio, la didattica attiva punta a esaltare la ricerca sperimentale (metodo investigativo), la ricerca dell’azione (metodo euristico, cioè la scoperta), il metodo operativo (laboratori), il metodo partecipativo e il mastery learning (valutazione formativa). Quest’ultimo punto è molto importante, perché permette di valutare gli obiettivi raggiunti ed eventuali modifiche da apportare, se necessario. 

L’alunno diventa, così, attore protagonista del suo processo di apprendimento e l’insegnante si trasforma in un dispensatore di conoscenza che lo facilita nel raggiungimento dei suoi traguardi. 

Apprendimento cooperativo 

L’apprendimento cooperativo, o cooperative learning, è un metodo didattico che prevede la suddivisione della classe in piccoli gruppi, ciascuno con un proprio compito, che devono al contempo lavorare insieme per arrivare all’obiettivo finale. 

In questo modo, si favoriscono la socialità e l’inclusione, si valorizzano le capacità di ogni singolo alunno e, ovviamente, si migliora il livello di apprendimento. La divisione in gruppi, infatti, richiede responsabilità a livello sia personale, sia collettivo, così come comunicazione tra i componenti e gestione di eventuali conflitti. Gli studenti si aiutano tra loro, si supportano, si sostengono e, nel frattempo, crescono e imparano. 

Come applicare l’apprendimento cooperativo? Per esempio, simulando una seduta del Parlamento Europeo per affrontare questioni come l’inquinamento e il cambiamento climatico e trovare soluzioni efficaci; oppure, proponendo puzzle o enigmi che i singoli gruppi devono risolvere e portare a termine sfruttando le capacità dei singoli componenti. 

Lezione partecipata

La didattica attiva comprende anche la lezione partecipata: a differenza delle lezioni tradizionali, che vedono il docente come protagonista, sono gli studenti ad assumere il ruolo di attori. Di conseguenza, si crea un contesto di partecipazione, in cui gli alunni si confrontano tra loro e non si limitano ad assimilare passivamente concetti e nozioni forniti dall’insegnante. 

Durante una lezione partecipata, infatti, ogni singolo studente può intervenire in modo attivo, interagendo con gli altri compagni e con il docente; quest’ultimo diventa una sorta di regista, che modera la discussione e interviene se necessario.

Un esempio può essere dato da un dibattito sul consumo di bevande alcoliche: l’insegnante introduce l’argomento, fornisce alla classe una serie di strumenti utili (pc, tablet, LIM) e si mette a disposizione per ulteriori informazioni. Successivamente, sono gli studenti stessi a porre domande, proporre soluzioni e, alla fine, compiere una valutazione finale attraverso un tema scritto o una presentazione. 

Problem-Based Learning (PBL)

Il Problem-Based Learning (PBL) è un metodo di appredimentimento basato su progetti complessi, che partono da domande stimolanti o problemi da risolvere che coinvolgono l’intera classe in modo attivo e collaborativo. Gli studenti si applicano per periodi anche piuttosto lunghi, passando dalla progettazione alla risoluzione dei problemi, prendendo decisioni e compiendo attività di ricerca. 

Il metodo del PBL è molto utile nel favorire l’acquisizione di autonomia e responsabilità, lo sviluppo di competenze e conoscenze e l’apprendimento in modo significativo. Per esempio, il docente può proporre agli studenti il problema di un tostapane che non funziona e tutta una serie di opzioni per poter risolvere la questione. Attraverso le informazioni fornite, la classe collabora per trovare un’opzione valida e risolutiva puntando su lavoro di squadra, sostegno reciproco e abilità personali.  

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Flipped Classroom (Classe Capovolta)

La Flipped Classroom, cioè la “classe rovesciata”, è un’ulteriore tecnica prevista dalla didattica attiva che sostituisce le tradizionali lezioni frontali con un mix di video e contenuti multimediali e di una preparazione in casa in totale autonomia da parte dello studente.

Ed è proprio su questo punto che si focalizza la principale caratteristica della Flipped Classroom: l’insegnante fornisce l’argomento in classe e lo studente impara la lezione a casa con il supporto di materiale multimediale, per poi tornare a scuola e discutere del tema assegnato con il sostegno del resto della classe. 

L’obiettivo principale della “classe capovolta” consiste nel rendere più funzionale e produttivo il tempo trascorso a scuola, dedicando le ore didattiche alla risoluzione di problemi complessi, all’approfondimento di determinati argomenti e alla produzione di elaborati. 

Per fare un esempio, l’insegnante potrebbe proporre alla classe di organizzare un viaggio, fornendo il punto di partenza e la destinazione finale. Una volta a casa, gli studenti devono approfondire tempi e distanze, mezzi di trasporto, costi, alloggi e tutto ciò che serve per un’organizzazione fatta bene. Tornati in classe, gli alunni collaborano tra loro per realizzare un itinerario completo ed esaustivo, completo di informazioni storico-culturali, sempre con il supporto del docente di riferimento. 

Role Playing e Simulazioni

Il Role Playing formativo è un metodo molto interessante previsto dalla didattica attiva che piace soprattutto ai più piccoli. In pratica, si tratta a tutti gli effetti di una simulazione: ogni studente, quindi, interpreta un personaggio che si muove, interagisce e prende decisioni in una situazione proposta dal docente. 

Questa tecnica, ampiamente usata anche in ambito teatrale, è estremamente utile non solo a scuola ma anche in contesti manageriali e di formazione. In questi casi, il docente coinvolge con un vero e proprio gioco di ruolo i suoi studenti che, attraverso la simulazione, si immedesimano in un personaggio e affrontano una situazione verosimile. 

A scuola, per esempio, si potrebbe affrontare il tema della Guerra Fredda: da una parte gli Stati Uniti, dall’altra la Russia, con i rispettivi leader che discutono e prendono decisioni su come portare avanti il conflitto; oppure, presso enti di formazione, si potrebbe simulare un colloquio: da una parte il recruiter, dall’altra parte il candidato che, attraverso domande e risposte, affrontano una situazione nella quale, prima o poi, potrebbe trovarsi chiunque. 

In ogni caso, a prescindere dal metodo utilizzato, la didattica attiva è sempre e comunque inclusiva: punta, cioè, a coinvolgere tutti i membri della stessa classe per favorire la partecipazione, la collaborazione, la solidarietà, il lavoro di squadra e, soprattutto, il supporto reciproco. Il più bravo aiuta il meno bravo, il più capace stimola il più timido e tutto nell’ottica di raggiungere, insieme, lo stesso risultato. 

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