Il Movimento CO.RI, un gruppo di docenti che si batte per il rispetto dei principi costituzionali legati alle pari opportunità nei concorsi pubblici, ha sollevato obiezioni sull’articolo 6, comma 9 del Decreto Direttoriale n. 2788 del 18 dicembre 2023, riguardante il Concorso per Dirigenti scolastici 2023. L’organizzazione critica la norma che permette il superamento della prova preselettiva a un numero di candidati tre volte superiore a quello indicato nel bando, definendola illegittima.
In un comunicato ufficiale, il Movimento ha contestato le modalità della prova preselettiva, tenutasi il 23 maggio 2024, evidenziando una disparità di trattamento tra i partecipanti. Secondo CO.RI, il punteggio minimo per accedere alla prova scritta è stato stabilito su base regionale, portando a situazioni in cui candidati con lo stesso punteggio hanno ottenuto risultati diversi. Ad esempio, chi ha raggiunto 35 punti è stato ammesso alla fase successiva in Piemonte, mentre lo stesso punteggio non è stato sufficiente in Campania o in Sicilia, dove la soglia di accesso è risultata più elevata.
Concorso DS 2023, Movimento CO.RI: Comunicato stampa
«Secondo il principio della parità di trattamento, stabilito dall’articolo 97 della Costituzione italiana, i partecipanti a un concorso pubblico devono essere sottoposti alle stesse condizioni e criteri di valutazione su tutto il territorio nazionale. Questo principio garantisce l’uguaglianza tra i candidati e impedisce disparità ingiustificate.
Una sentenza rilevante, la n.4470/2020 del Consiglio di Stato, ha confermato come la fissazione di soglie di sbarramento diverse tra regioni sia contraria al principio di par condicio, fondamentale nelle procedure concorsuali. Tale diversità potrebbe, infatti, configurare una violazione del diritto dei candidati a essere valutati in base agli stessi criteri, indipendentemente dalla regione in cui partecipano al concorso.
La fissazione di soglie di sbarramento o criteri di selezione differenti, non previsti dal bando originario, è considerata illegittima.
La sentenza C-537/19, Commissione contro Austria, in cui la CGUE ha stabilito che le soglie di partecipazione ai concorsi pubblici devono essere stabilite in modo da garantire l’uguaglianza di trattamento e non discriminare i partecipanti in base a criteri irragionevoli o non giustificati.
La previsione dell’art.6 c.9 del D.D.G n. 2788 del 18/12/2023 di consentire il superamento della prova preselettiva a: “un numero pari a tre volte i candidati rispetto al numero previsto dal bando,” è infatti illegittima in quanto:
- comporta una disparità di trattamento tra candidati che hanno svolto le prove in regioni diverse;
- impedisce l’individuazione di una soglia minima di sbarramento;
- impedisce la partecipazione alle prove scritte a chi ha conseguito un punteggio pari alla sufficienza.
Si è venuta, pertanto a creare una disparità di trattamento tra candidati che ha visto il superamento della prova preselettiva con punteggio differente da regione a regione.
Inoltre, occorre anche tenere in considerazione un ulteriore aspetto che non appare secondario. Secondo la giurisprudenza maggioritaria, in tema di concorso a posti di pubblico impiego, il principio generale del “favor partecipationis” comporta l’obbligo per l’Amministrazione, di favorire il massimo accesso, senza introdurre discriminazioni limitative che comunque non si appalesino conformi ad una seria ratio giustificativa.
In sintesi, come peraltro osservato in occasioni analoghe dalla giurisprudenza (cfr, per tutte, TAR Lazio, sez. III bis, n. 327/2014), l’introduzione di un irragionevole criterio quantitativo per la fase di preselezione rischia di realizzare non tanto lo scopo di “scremare” il numero dei candidati, quanto piuttosto quello di ridurre drasticamente la partecipazione in violazione del principio del favor partecipationis.
Il succitato orientamento è frutto di un pregresso percorso giurisprudenziale che aveva già condotto il TAR, in un analogo e recente caso, a censurare le soglie di sbarramento che non consentono di perseguire il fine meritocratico che deve caratterizzare ogni selezione concorsuale. Codesto Ecc.mo T.A.R., infatti, ha ammesso al prosieguo dell’iter concorsuale tutti i soggetti che avessero “superato” la prova concorsuale alla luce delle soglie di sufficienza normativamente previste e ritenuto illegittimi gli ulteriori contingentamenti numerici di sbarramento. (cfr. T.A.R. Lazio, Sez. III sent. n. 12787 del 22 dicembre 2016).
I provvedimenti impugnati sono stati censurati per:
- violazione dell’art. 97 della Costituzione;
- violazione dei principi generali in materia concorsuale;
- violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 2 bis, del D.P.R. 487/94;
- eccesso di potere per arbitrarietà, illogicità, ingiustizia manifesta.
Ed, infatti, la normativa in materia prevede che il punteggio di 60/100 debba essere considerata la soglia di sufficienza e ciò a prescindere da quanto previsto dal Bando e dalle modifiche successive allo stesso.
Come noto nella prova preselettiva non era prevista una “soglia” di punteggio da superare, ma veniva ammesso alla prova scritta un numero di candidati pari a tre volte quello dei posti messi a bando per ciascuna regione oltre ai pari merito.
Il punteggio minimo per la partecipazione alla prova scritta, dunque, è stato determinato dall’andamento delle prove regione per regione generando la situazione per la quale a parità di domande somministrate, candidati con 35 punti sono stati ammessi alla successiva prova in Piemonte e con lo stesso punteggio sono stati esclusi in Campania o in Sicilia ove la soglia, così determinata, era notevolmente più alta. Però, se ci pensiamo bene, le competenze che si esigono da un dirigente scolastico non cambiano da una regione all’altra.
Ebbene, è evidente che per quesiti identici sarebbe stato più equo determinare una soglia univoca o quanto meno, prevedere il superamento della preselettiva con il raggiungimento della soglia della sufficienza».