Nel mondo della scuola l’83%, rispetto al totale, è costituito da docenti donna. E’ questo l’assunto da cui parte la decisione di dare precedenza uomini nei concorsi a parità di punteggio.
In merito ai nuovi concorsi da bandire, è stata introdotta, infatti, una recente normativa che disciplina la parità di genere.
Si tratta del D.P.R. n. 82 che prevede, nei bandi per il reclutamento nei pubblici impieghi e per la qualifica messa a concorso, l’indicazione della percentuale di rappresentatività dei generi nell’amministrazione che lo bandisce.
La stessa deve essere calcolata alla data del 31 dicembre dell’anno precedente.
Nel momento in cui il differenziale fra i generi superi il 30%, a parità di titoli e di merito, e in assenza di altri benefici previsti da leggi speciali, si applica la preferenza in favore del genere meno rappresentato in sede di scorrimento della graduatoria.
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TogglePerché più docenti donna e meno uomini
Secondo l’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, lo scarso interesse degli uomini verso la scuola deriva, per gran parte, dalla bassa retribuzione dei docenti.
Il fattore economico non rappresenta certo un incentivo a preferire l’insegnamento rispetto ad altre professioni meglio retribuite.
Basti pensare che gli stipendi medi degli insegnanti, in Italia, corrispondono al 69% di quelli di altri lavoratori con un livello di istruzione equivalente.
Date queste premesse, dunque, al fine di garantire una parità di genere all’interno dell’universo scolastico, si è proposto di lasciare la precedenza uomini nei concorsi a parità di punteggio: a vincere saranno le quote blu.
Diversità di genere fra i docenti: i numeri
In riferimento alla scuola dell’Infanzia e alla Primaria, secondo i dati forniti dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, al 31 dicembre 2022, la percentuale di maestri era pari all’1,07%, mentre per la primaria si arrivava al 4,09%.
Sembra, quindi, interamente appannaggio delle donne l’educazione nella scuola dell’infanzia, dove rappresentano il 98,93% delle insegnanti, e nella primaria, dove sono il 95,91%.
Scendono al 77,2% nella scuola secondaria di primo grado e al 65% nella secondaria di secondo grado.
Considerando, nel complesso, le scuole di ogni ordine e grado, sia tra docenti che fra DS, le regioni più “femministe” sono Abruzzo (l’82,6% dei dirigenti scolastici sono donne) e Campania (78,9%). Il più alto numero di uomini si registra in Sardegna (38,2%).
I Concorsi che saranno a vantaggio delle quote blu
Parità di genere, ma al contrario, in riferimento in primis al Concorso per dirigenti scolastici che si terrà a breve.
Lo stesso prevede, infatti, un vantaggio per i candidati di sesso maschile rispetto alle colleghe di sesso femminile.
A sancirlo è l’articolo 10 della bozza del bando inviata ai sindacati in cui si dice che: “Considerate le percentuali di rappresentatività in ciascuna regione, viene garantito l’equilibrio di genere applicando nelle regioni Abruzzo, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria e Veneto, in cui il differenziale tra i generi è superiore al 30 per cento, il titolo di preferenza in favore del genere maschile, in quanto meno rappresentato”.
In palio, nel nuovo concorso, ci sono poco meno di 600 posti.
Vantaggio per le quote blu anche in merito al Concorso per la scuola dell’Infanzia e la Primaria, il cui bando è atteso entro la fine del mese corrente.
Pareri discordanti in merito all’introduzione di questa normativa arrivano dai sindacati.
In particolare, Giuseppe D’Aprile, segretario Uil-Scuola commenta: “Si tratta di una decisione che non ha niente a che fare con l’equilibrio di genere. Introduce meccanismi di falsa uguaglianza, non tiene in conto l’esperienza, la capacità e le attitudini”.
E ancora continua: “Pensare di creare una perequazione al contrario, indicando il genere maschile come da preferire, introduce nella scuola una diversificazione di genere della quale non si sente assolutamente il bisogno. La professionalità del personale della scuola non si può misurare in base al sesso”.